Film da Vedere

La delicatezza vibrante di Alice Rohrwacher in Corpo Celeste

Cineaste alla ribalta. Il cinema declinato al femminile. Rubrica a cura di Ginevra Natale

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Alice Rorhwacher (classe 1982) debutta sul grande schermo nel 2011 con Corpo Celeste, un film delicato e vibrante che affronta il tema dell’educazione e della crescita in una realtà cattolica e consumistica come la nostra.

La protagonista Marta, tredici anni, dopo aver vissuto la sua infanzia in Svizzera, torna con la mamma e la sorella maggiore a Reggio Calabria, la città dove è nata e di cui non ha un solo ricordo. Questa ragazzina timida e introversa, con la goffaggine di un corpo che la sta trasformando, a sua insaputa, in una donna, osserva il mondo con gli occhi di un’anima innocente e incapace di giudicare. Non ha idea di cosa la attenda, non ha certezze, non ha risposte. La sua vita è ancora tutta da disegnare.

Chi c’è a guidarla nel cammino che la porterà a diventare una persona adulta? La madre fa del suo meglio ma lavora in un panificio, ha degli orari sballati e non le è possibile essere tanto presente. La sorella è molto più grande di lei, è presa dal fidanzato e in più è gelosa, come quasi tutti i primogeniti. Nella parrocchia di quartiere, dove inizia a frequentare il corso di catechismo per prepararsi alla Cresima, Marta dovrebbe trovare una figura capace di trasmetterle la parola di Dio, ma il parroco è troppo impegnato con la politica e la carriera clericale per poterlo fare e la catechista, pur animata da buone intenzioni, è una donna assolutamente inadeguata a svolgere il suo ruolo, ignorante e gretta com’è.

Vediamo Marta camminare sola lungo le strade del suo quartiere, in un paesaggio metropolitano abbandonato a se stesso, tra la spazzatura e i rottami di un ambiente che non sa accoglierla come la sua giovinezza meriterebbe. Ne seguiamo i passi, consapevoli che se qualcosa di grave non dovesse accaderle sarà solo per una semplice questione di fortuna.

Questa creatura indifesa dovrà percorrere molta strada per trovare qualche risposta alle sue prime domande. Dovrà attraversare sentieri tortuosi e risalire montagne, fino ad arrivare in un paesino disabitato dove, in una Chiesa che non esiste più, un prete solitario le rivelerà la rabbia e l’amore di Cristo.

Il punta di vista laico della regista è dichiaratamente soggettivo ma non perentorio. Corpo Celeste non giudica, semmai solleva interrogativi e in questo sta la sua forza. C’è molta compassione nel trattare i personaggi: la negatività del parroco carrierista o della catechista sprovveduta risiede nella debolezza del loro essere semplicemente umani.

Quella di Alice Rorhwacher è una regia asciutta e attenta al dettaglio. La sceneggiatura punta molto sull’espressività dell’immagine, riducendo i dialoghi al minimo indispensabile.

Il film è il frutto di un approfondito lavoro di ricerca che Alice ha condotto frequentando le piccole comunità ecclesiastiche di Reggio Calabria, una città che, pur non essendo la sua, già frequentava da tempo.

Prodotto dal lungimirante Carlo Cresto-Dina, il film ha riscosso un ampio consenso di critica e ha ricevuto, tra i tanti riconoscimenti, anche il Nastro d’Argento.

Ginevra Natale

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