L’uomo che sapeva troppo (The Man Who Knew Too Much), un film del 1956 diretto da Alfred Hitchcock. Il thriller, presentato in concorso al 9º Festival di Cannes, è un remake dell’omonimo film del 1934 diretto dallo stesso Hitchcock, ma prodotto in Gran Bretagna. Il soggetto è tratto da un romanzo giallo di Charles Bennet e D.B. Wyndham-Lewis. Ne La finestra sul cortile un cortile vuoto separa il fotografo dall’assassino, la suspense è giocata sullo spazio; qui la suspense è giocata sul tempo. La protagonista sa che verrà commesso un attentato ma non è in grado di dire come e quando: ciò che nutre la sua angoscia e quella dello spettatore non è altro che l’inesorabile, puro, scorrere del tempo. Terza volta per James Stewart come protagonista di un film di Hitchcock dopo Nodo alla gola e La finestra sul cortile; avrebbe interpretato ancora la parte del protagonista, Scottie, in La donna che visse due volte. La parte della protagonista femminile è affidata a una cantante, Doris Day, che malgrado le perplessità di molti si rivelò una scelta indovinata. Con James Stewart, Doris Day, Daniel Gélin, Brenda De Banzie.
Sinossi
Il dottor Ben McKenna, in vacanza a Marrakech con la famiglia, raccoglie casualmente da una spia in punto di morte informazioni sull’attentato che verrà compiuto a Londra ai danni di un uomo politico straniero. Gli attentatori, che si sono guadagnati la sua fiducia facendosi passare per turisti, gli rapiscono il figlioletto per ricattarlo e indurlo al silenzio.
Si diverte Hitchcock come non mai. Gioca con il tempo e con le inquadrature e ci regala una delle pellicole più dinamiche, nonostante i tempi lunghissimi di alcune scene, che abbia mai girato. Almeno fino ad allora. Da sempre amante dell’inquadratura del dettaglio, qui il maestro si supera, riduce i dettagli ma amplia i tempi del racconto, scandendoli con una colonna sonora ben curata, che amplifica la suspense e tiene lo spettatore con il fiato sospeso già dalle prime inquadrature. Le ambientazioni sono diversificate e colorate. Grazie all’utilizzo di ambienti colmi di etnie e di persone, ma soprattutto di una fotografia che enfatizza ogni cromia. Da Marrakech a Londra, ci racconta la parabola dei coniugi McKenna, che assistono all’assassinio di un uomo, custode di un segreto che confesserà all’orecchio del Dr. Ben, interpretato dall’iconico James Stewart, e diventano involontariamente vittime di coloro che vorrebbero farli tacere.
Facendo leva non sugli attori, che restano icone legate a un metodo di recitazione molto diverso rispetto a quello utilizzato oggi, in cui l’interpretazione era portata ai massimi livelli ma si concentrava esclusivamente sulla mimica facciale e ben poco sull’utilizzo del corpo in sé, fatto salvo rare eccezioni, il punto forte delle pellicole di Hitchcock è sempre stata la trama. La perenne lotta tra il bene e il male, tra la normalità che si mischia con la casualità drammatica di un gesto, è spesso il cardine intorno al quale vengono costruiti molti film del regista inglese. Anche in questo caso, un uomo per bene, con una vita tranquilla e dedita totalmente alla famiglia e al lavoro, diventa vittima di un’ingiustizia e si trova a essere combattuto tra la possibilità di mantenere intatta la propria dignità e l’eventualità di perdere ciò che ha di più caro. Il film si fonda su un tema caro al regista: l’uomo normale, semplice professionista come tanti altri, si trova coinvolto senza colpa alcuna in una oscura vicenda a lui del tutto estranea, un incubo, e per uscirne deve intraprendere un itinerario, un’inchiesta, deve improvvisarsi investigatore per salvarsi e smascherare i colpevoli. Il tema è presente anche in Giovane e innocente, Il club dei trentanove, Sabotatori, Intrigo internazionale e Frenzy.
Brenda De Banzie, che interpreta Lucy Drayton è il personaggio più rilevante. L’unico che muta in base al corso degli eventi e che si riscatta nel finale, provocando nello spettatore un repentino cambio di opinione nei confronti del personaggio a cui presta il volto.