Vincitore del Leone d’argento al Festival di Venezia del 1991, Lanterne rosse è un melodramma al femminile.
Lanterne rosse la trama
La bella e giovane Song Lian (Gong Li) è una ragazza di diciannove anni di origine contadina ma studentessa universitaria nella Cina pre-rivoluzionaria del 1920 ancora fortemente feudale. Song Lian, la cui famiglia è in povertà, non aveva mai pensato di diventare un giorno una concubina, ma dopo la morte del padre, per non vivere in miseria nella casa della matrigna, è costretta ad abbandonare gli studi per diventare la quarta moglie del ricco Chen Zuoqian, un ricco signore del nord della Cina.
“Già, una concubina. È questa la sorte di ogni donna”, afferma così rassegnata Song Lian, che si trasferisce nella casa del marito, un antico palazzo governato da leggi arcaiche simili a quelle di una prigione, in una rituale clausura. Oltre a lei ci sono altre tre mogli e ciascuna vive in un proprio appartamento: l’anziana Yuru, che ha avuto un figlio da lui; Zhuo Yun, la più misteriosa e Mei Shan, una splendida cantante lirica.
La ragazza, dinanzi a un ambiente per le donne di totale sottomissione, si rende conto delle dure leggi che governano la casa del “padrone” e della precarietà della condizione femminile, incarnata dal cosiddetto rituale delle “lanterne rosse”, appese sopra le porte di ciascuno dei quattro appartamenti. Ognuna di loro aspetta tutte le sere con ansia, per vedere quale lanterna rossa verrà accesa, e chi delle quattro donne il “signore” ha scelto per passare la notte. Tra sotterfugi, intrighi, cattiverie per prevalere sulle altre e godere dei favori del marito, Song Lian trascorre il tempo nel palazzo del marito-padrone; all’inizio non riesce a sottostare alle regole poi, però, questo meccanismo si impossessa anche di lei portandola a compiere scelte sbagliate provocate dalla disperazione.
Lanterne rosse è un melodramma al femminile
Elegante, freddo in modo glaciale, ma anche personale e intimo, il genio di Zhang Yimou mette in scena con grande maestria (da un romanzo di Su Tong) un film impeccabile. Il regista ci racconta ancora una volta una storia che denuncia direttamente il feudalesimo cinese, ma propone anche una forte critica alla Cina contemporanea, troppo ancorata a tradizioni obsolete e a insistenti rigidità sociali e comportamentali. Come sempre legato alla disanima psicologica di personaggi complessi e ricchi di sfaccettature, Yimou fa corrispondere all’analisi caratteriale una dettagliata descrizione di ambienti sociali sfarzosi, unita a dinamiche realistiche dei rapporti di potere che regolano la vita del microcosmo chiuso nell’antico palazzo. Attraverso il racconto di un mondo passato, Yimou ci mostra l’orrore di un oggi legato ad leggi sociali e sessuali arcaiche, con una condizione femminile degradante ma anche contraddittoria.
Una denuncia dunque di un’obsoleta struttura del potere (ampiamente criticata in patria all’uscita del film) in cui le donne appaiono quasi completamente annullate in volontà e personalità, senza possibile redenzione e avviate verso un completa disumanizzazione. Esistono ma non vivono, nessuna è più davvero se stessa, nessuna si rende davvero conto di quella parte di sé a cui sta rinunciando ma, anzi, alla fine la completa sottomissione diventa quasi l’obiettivo primario per ottenere l’accensione della lanterna: unico scopo “far piacere al signore e padrone”.
Lanterne rosse ha anche una valenza politica: ritratto spietato della disparità non solo dei rapporti tra i sessi ma anche di quelli di classe
Ma Lanterne rosse ha anche una valenza politica: ritratto spietato della disparità non solo dei rapporti tra i sessi ma anche di quelli di classe: ciò che davvero conta è il potere ottenuto attraverso l’uso del proprio corpo, la posizione di vantaggio raggiunta una volta divenuta la concubina preferita dal signore-padrone, simulacro dell’essere Uomo in quanto detentore della supremazia su una donna sicuramente socialmente inferiore. In realtà per Yimou non ha nessuna importanza che faccia abbia questo uomo-demiurgo e resta geniale la scelta del regista di non mostrarne mai il volto; questo perché non ha davvero valore farlo, non è funzionale alla storia, deve solo fungere da simbolo di un potere assoluto mai messo in discussione. Nella casa si respira un clima sottomissione, non c’è positività o ombra di armonia, solo sentore di morte e di regole feudali invalicabili e di inumanità. Non c’è spazio per la ribellione, ogni tentativo di disubbidienza fallisce perché non supportato dalla giusta cultura.
Con il capolavoro Lanterne rosse Zang Yimou conferma quel grande talento che aveva già mostrato in altri suoi gioielli
Con il capolavoro Lanterne rosse Zang Yimou conferma quel grande talento che aveva già mostrato in altri suoi gioielli come Hero, La città proibita, La foresta dei pugnali volanti e, soprattutto, Ju Dou, incantandoci con i rituali orientali, con una fotografia eccellente e ricca di interessanti scelte cromatiche, con ricche scenografie e costumi sontuosi. Accanto al rosso (in Cina simbolo della nascita e della morte) il film propone un magnifico bianco e nero e un notturno blu e azzurro, per sottolineare l’altra idea centrale del film: l’idea della morte, spesso evidenziata anche dai suoni misteriosi che popolano la casa (i canti di Mei Shan, il flauto, la musica dopo la morte della terza signora). Eccellente Gong Li nel ruolo della quarta signora, che regala un’interpretazione indimenticabile, uno dei più bei ritratti di donna che il cinema abbia mai offerto.