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The Breakfast Club e Un compleanno da ricordare arrivano su Netflix dal 10 aprile

The Breakfast Club e Un compleanno da ricordare, disponibili dal 10 aprile su Netflix, per rivivere lo stile e l'energia del “brat pack”

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Era il giugno del 1985. Era un articolo del New York Magazine. Per la prima volta si sentì parlare di “brat pack”. L’espressione era un gioco di parole con “rat pack”, il nome inventato da Lauren Bacall, a metà degli anni Cinquanta, per indicare il suo piccolo gruppo di amici e colleghi, composto da Humphrey Bogart, Spencer Tracy, Frank Sinatra, Judy Garland e pochi altri. Del “brat pack”, facevano invece parte Emilio Estevez, Rob Lowe, Judd Nelson, Molly Ringwald, giusto per citarne alcuni. Nomi, insomma, degli anni Ottanta.

Prerequisito fondamentale era considerata la partecipazione a The Breakfast Club di John Hughes o a St. Elmo Fire di Joel Schumacher o a entrambe le pellicole. Ma se oggi noi identifichiamo in maniera più che positiva l’appellativo “brat pack”, poiché ci riporta  alla mente una corrente non solo cinematografica, ma anche ideologica, sociale, artistica, a cui siamo affezionati, all’epoca in cui esso uscì assunse una connotazione alquanto negativa. Gli stessi attori che ispirarono il reporter (tale David Blum) a utilizzarlo ne furono scontenti, si sentirono traditi e addirittura lo accusarono di metterli in cattiva luce. Il fatto che molti degli “appartenenti” al gruppo intrapresero poi un percorso costellato di droghe, alcol e scandali, non fece che ingigantire la faccenda, al punto che ci fu addirittura chi sostenne che senza quell’articolo le cose sarebbero andate diversamente.

L’eredità del “brat pack” parte dal mood

Detto ciò, sono indiscutibili il valore e la portata dell’eredità lasciatici dai titoli del “brat pack”. Non a caso, a distanza di quasi quarant’anni, Netflix decide di riportarne (intanto) un paio dei più significativi alla luce. Per l’esattezza, parliamo di The Breakfast Club e Un compleanno da ricordare, entrambi scritti e diretti da John Hughes, disponibili sulla piattaforma streaming dal 10 aprile.

La prima evidente caratteristica che accomuna le pellicole è il mood. Siamo nel pieno degli anni Ottanta – The Breakfast Club è del 1985, Un compleanno da ricordare del 1984 – abbracciati e travolti da questo spirito propositivo, di apertura verso un futuro che non potrebbe essere più roseo, ricchi di ideali, speranze, ambizioni e sogni da realizzare. Un decennio caratterizzato dall’edonismo reaganiano e dal pensiero positivo, dietro cui però si celano tante piccole e grandi tragedie che fanno parte della nostra Storia.

Ecco allora che la narrazione si sviluppa su questo doppio binario: un’apparenza briosa e spensierata, una sostanza fatta di questioni più rilevanti e complesse. In The Breakfast Club viene utilizzato come stratagemma il rapporto dei protagonisti con le rispettive famiglie, così da evidenziare le differenze tra le varie estrazioni sociali. Negli Stati Uniti (ma non solo) la disparità tra ricchi e poveri è sempre stata un tasto dolente. Motivo per cui la stessa appartenenza a un gruppo o l’etichetta in ambito scolastico derivano anche dall’essere figlio di un avvocato, di una cameriera o di un genitore separato. Proprio i genitori, e più in generale gli adulti, rivestono in qualche modo la figura del “nemico”, contro il quale i ragazzi si trovano costretti a coalizzarsi, oltre le avversità e i pregiudizi.

Più evidente in The Breakfast Club, meno in Un compleanno da ricordare, il discorso serve comunque per creare un legame tra i protagonisti, una coesione, qualcosa che li avvicini e li porti ad unirsi. Grazie a ciò possono emergere i caratteri e le personalità, attraverso le confidenze a cui naturalmente si arriva nel corso del racconto subentra un grado di conoscenza tale che si diventa amici, amanti, complici.

Cosa è rimasto del “brat pack” nell’immaginario di oggi

Altro elemento condiviso da entrambe le pellicole in questione è lo stile, inteso sia come look che come scelte registiche: dall’abbigliamento – vedi la camicia a quadri di colui che dovrebbe essere il personaggio più “fico” o l’ossessione per le mutandine di cotone delle ragazze (Molly Ringwald sia in un caso che nell’altro) – alla resa dettagliata di un ambiente come la scuola, con i suoi corridoi, gli armadietti e i lucchetti, le aule con gli striscioni, gli studenti che la abitano e i loro gesti rituali. Tra questi, non può ovviamente mancare il bacio finale, vero e proprio suggello di un happy end atteso da (quasi) tutti.

Opere quali The Breakfast Club e Un compleanno da ricordare sono oggi entrate nell’immaginario di milioni di persone che con esse sono cresciute, si sono emozionate e hanno trovato il coraggio di dichiarare il proprio amore. A distanza di più di trent’anni non perdono un briciolo di quel fascino, ma anzi ne guadagnano. E il fatto che si ritrovino dei richiami o delle citazioni nella cinematografia successiva è un segno lampante di quanto abbiano influenzato il senso e la sensibilità comuni.

Un ultimo doveroso accenno alla musica, colonna portante e fonte di energia di tutti i momenti topici. I brani punteggiano la narrazione di queste pellicole, la colorano, le donano il ritmo, restituendone il giusto tono. Di solito basta ascoltare gli incipit per farsene un’idea. Provare per credere, magari proprio con le due iconiche canzoni dei titoli di cui abbiamo trattato: Don’t you (Forget About Me) dei Simple Mind e If You Were Here dei Thompson Twins.

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