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Film da Vedere

La classe operaia va in Paradiso di Elio Petri, con Gianmaria Volonté

Il film di Elio Petri è un'analisi rabbiosa ma lucida della condizione della classe operaia italiana agli albori degli anni Settanta, poco dopo il famoso autunno caldo del 1969. Grand Prix per il miglior film al Festival di Cannes 1972. Indimenticabile Gianmaria Volonté

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Stasera in tv su Cine34 alle 21,10 La classe operaia va in paradiso, un film del 1971 diretto da Elio Petri, scritto con Ugo Pirro, vincitore del Grand Prix per il miglior film al Festival di Cannes 1972. Il film è stato girato nella fabbrica Ascensori Falconi di Novara che, in quel periodo, aveva interrotto la produzione ed era stata anche oggetto di una interrogazione parlamentare del comunista Lucio Libertini. Il film fu presentato fuori concorso alla Mostra Internazionale del cinema libero di Porretta Terme, dove si tenne l’anteprima mondiale. In quell’occasione il regista Elio Petri e Gian Maria Volonté, al termine della proiezione, si recarono negli stabilimenti della DEMM, storica industria meccanica della cittadina appenninica, a discutere con gli operai l’alienazione e i meccanismi sociali prodotti dalla catena di montaggio. Il film suscitò alla sua uscita una forte ondata di polemiche. Scritto e sceneggiato da Elio Petri e Ugo Pirro, con la fotografia di Luigi Kuveiller, il montaggio di Ruggero Mastroianni, le scenografie di Dante Ferretti e le musiche di Ennio MorriconeLa classe operaia va in paradiso è interpretato da Gian Maria Volonté, Mariangela Melato, Flavio Bucci, Luigi Diberti, Salvo Randone. Prodotto da Ugo Tucci.

Sinossi
Ludovico Massa detto Lulù, metalmeccanico rozzo e crumiro, è il perfetto archetipo del lavoratore senza coscienza di classe. Abile sul lavoro, si ammazza di fatica per mantenere moglie e amante. Completamente mutato, in seguito ad un incidente sul lavoro che gli ha fatto perdere un dito, si schiera contro il meccanismo del cottimo.

Il mondo operaio visto da dentro, come crogiuolo di rabbia e istinti repressi, più che come teatro di scontro ideologico. Il cottimista metalmeccanico Lulù Massa è un personaggio da naturalismo francese trapiantato nel Sessantotto italiano; per lui il lavoro alla catena di montaggio è essenzialmente la forgia di una vita ingrata e di un carattere aspro. Il sindacato e il movimento studentesco sono solo sovrastrutture surrettizie, come lo è il grande apparato economico industriale, e tutti questi sono poteri che lo opprimono, lo confondono e, in diverso modo, lo sfruttano. L’alienazione di cui egli è vittima non è solo quella marxista (pur esplicitamente evocata nel suo colloquio con Militina) del lavoratore rispetto al prodotto, bensì riguarda, più in generale, lo scollamento tra l’individuo costretto a una frenetica simbiosi con il macchinario, e le normali, sfumate logiche dell’umanità, fatte di interessi contrastanti, passioni complesse e sogni frivoli. Elio Petri propone, come in Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, un Gian Maria Volonté urlante e al limite del delirio, come si addice a un uomo che parla soprattutto a se stesso, certo di non poter sovrastare il brusio di un società impazzita.

Il film di Elio Petri è un’analisi rabbiosa ma lucida della condizione della classe operaia italiana agli albori degli anni Settanta, poco dopo il famoso autunno caldo del 1969, a seguito del quale scaturì, verosimilmente, la strategia della tensione (gli attentati culminati con la bomba di Piazza Fontana) e, di conseguenza, si manifestò il deflagrare della lotta armata eversiva. Dal punto di vista politico, il film piacque poco, ovviamente a destra e, meno ovviamente, a sinistra, dove fu stroncato con ancora maggiore virulenza. La critica de La classe operaia va in paradiso si appuntava su tutte le componenti dello scenario, dai dirigenti aguzzini, con i loro scagnozzi armati di cronometro e tabelline di marcia, alle tute blu, divise e addormentate dalla televisione e dal calcio («Noi compriamo il Beckenbauer per 400 milioni!» proclama il milanista Lulù, sfogliando le pagine di un giornale sportivo; «e noi compriamo Gigi Riva!» ribatte l’Arturo, figlio juventino della compagna), dai sindacalisti “confederali” agli spontaneisti, fino ad arrivare alla galassia anarcoide e frastagliata degli studenti in servizio di protesta permanente ed effettivo. Ma la fatica, l’alienazione (stupendo il personaggio del vecchio operaio impazzito Militina, interpretato da Salvo Randone), i dissidi tra colleghi e quelli con chi (la parrucchiera Mariangela Melato) si sbatteva per integrarsi con la società dei consumi, le lotte sindacali, il dilemma tra richiamo e rifiuto della violenza, la solitudine dell’estrema reazione individualista (gli stessi studenti si rifiutano di prendere in considerazione il caso singolo), raramente sono stati descritti altrettanto come che in questo film di Petri.

  • Anno: 1971
  • Durata: 112'
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Elio Petri

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