Si chiama Corona, il primo film che affronta il Coronavirus. Il regista è l’iraniano Mostafa Keshvari
Cosa succede in un ascensore rimasto fermo, quando nasce il sospetto che una delle sette persone intrappolate potrebbe avere il Coronavirus. È la base della trama di Corona, primo film, già pronto, che ha affrontato il Covid-19. A girare questo instant thriller psicologico da 63 minuti è stato Mostafa Keshvari, regista iraniano
Cosa succede in un ascensore rimasto fermo, quando nasce il sospetto che una delle sette persone intrappolate, una ragazza cinese (Traei Tsai), potrebbe avere il Coronavirus. È la base della trama di Corona, primo film, già pronto, che ha inserito nella trama il Covid-19. A girare questo instant thriller psicologico da 63 minuti, ambientato nella fase iniziale dell’epidemia, è stato Mostafa Keshvari, regista iraniano che ha studiato cinema e lavora in Canada, a Vancouver. Autore di vari corti, ha firmato il suo primo lungometraggio nel 2018, il pluripremiato Unmasked, su un’immigrata musulmana che si iscriveva di nascosto a una scuola di recitazione aprendosi a una diversa prospettiva.
Anche Corona affronta, per l’autore, il tema del pregiudizio: “Parla di paura, è uno studio sulla società, le persone e le scelte morali” dice al New York Times. L’idea è venuta al regista “proprio su un ascensore, oltre due mesi fa, leggendo la notizia degli attacchi che stavano subendo, per la paranoia legata al virus, i turisti cinesi. Il Covid-19 è stato denominato all’inizio virus cinese – ricorda Keshvari, parlando del film con Hollywood Reporter -. Ma ora colpisce tutti, non esiste un problema razziale. Ora la razza umana deve unirsi per sconfiggerlo. Il virus non discrimina, perché dovremmo farlo noi?“.
Oltre alla ragazza cinese, gli altri personaggi chiusi nell’ascensore sono un addetto alle riparazioni (Emy Aneke), l’unico che sembra riuscire a controllare la paura del contagio; una millennial (Zarina Sterling); un suprematista bianco (con tanto di piccola svastica sulla fronte) in sedia a rotelle (Richard Lett) ; il proprietario del palazzo (Josh Blacker); una donna in attesa di un bambino (Andrea Stefancikova) e un inquilino indebitato (Andy Canete). Nell’interagire dei protagonisti “vedi le loro reazioni istintive. Parlano l’uno sull’altro e la loro paura diventa reale“.
Keshvari ha iniziato a lavorare sul film a inizio Gennaio; in due settimane ha scritto la sceneggiatura e in dieci giorni è stato creato il set: “Abbiamo affittato uno spazio e ci abbiamo costruito un ascensore“. Coronaè “ultra low budget”. Agli attori, da cui voleva il massimo realismo, ha dato spazio anche per improvvisare: “Ho chiesto loro di immaginare che il Coronavirus fosse presente su quell’ascensore“. Il film è stato girato in pochi giorni a Febbraio con una troupe di 25 persone: si era all’inizio dell’epidemia, “pensavamo sarebbe passata in fretta. Nessuno avrebbe potuto immaginare tutto questo“. Comunque fra cast e troupe non c’è stato finora nessun caso positivo al virus. L’idea iniziale era di proporre il film ai festival, ma ora con il lockdown e l’aggravarsi della pandemia l’unica opzione, per diffonderlo, “è lo streaming“. Per il regista, il film ora “appartiene all’umanità“.
(Fonte: Ansa)
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