Una storia che inizia da lontano
La storia di Spenser inizia da lontano. Per la precisione nel 1973, quando lo scrittore Robert B. Parker inaugurò la serie di romanzi dedicati all’omonimo investigatore privato che, a partire dal 1985, diede vita anche a una fortunata serie TV, Spenser: For Hire. Questo Spenser Confidential, però, non è tratto da uno di quei libri, bensì da Wonderland, che ha come protagonista lo stesso Spenser ma è scritto da Ace Atkins che nel 2011, alla morte di Parker, venne incaricato dalla famiglia di quest’ultimo di portare avanti la saga. Si tratta della quinta collaborazione consecutiva tra il regista Peter Berg e Mark Wahlberg che, dopo tre solide elegie del common man a stelle e strisce non prive di un certo afflato nazionalista (Lone Survivor, Deepwater – Inferno sull’oceano, Boston – Caccia all’uomo) e una molto meno riuscita spy story (Red Zone – 22 miglia di fuoco), approdano nei territori ben più convenzionali del buddy movie.
L’eredità di Arma letale
Un buddy movie che guarda molto evidentemente agli anni ’90 di Arma Letale e L’ultimo boy scout, così che quasi stupisce che l’autore dello script sia Brian Helgeland, autore di L.A. Confidential e Mystic River, piuttosto che quello Shane Black che, oltre ad aver creato nel 1987 la famosa saga poliziesca con protagonisti Mel Gibson e Danny Glover, ne ha anche ripreso, qualche anno fa, le atmosfere nell’ottimo omaggio The Nice Guys. Altra novità per la coppia Berg/Wahlberg è il passaggio da una più canonica distribuzione cinematografica a Netflix, piattaforma della quale non solo Spenser Confidential incarna l’anima dichiaratamente meno autoriale e più marcatamente “cazzona”, ma che finisce per essere la destinazione ideale per un’opera talmente fuori dal tempo da risultare difficilmente collocabile come prodotto di sala. Con ciò non si vuol dire che il film di Berg sia poco riuscito, per carità. Semplicemente, in termini di hype, Mark Wahlberg non è The Rock.
La trama
Ambientato a Boston, il film vede come protagonista Spenser (Mark Wahlberg) – il nome di battesimo non viene mai chiarito – ex poliziotto di appena uscito di prigione dopo aver scontato una pena di cinque anni di reclusione per aver aggredito un suo superiore corrotto. In concomitanza con la sua scarcerazione, però, quello stesso poliziotto viene brutalmente ucciso e le accuse ricadono su un altro collega innocente, trovato morto suicida poche ore dopo. Spenser, così, viene inevitabilmente coinvolto nella faccenda e, oltre a gestire i problemi relativi al suo ritorno alla libertà, inizierà un’indagine sulla misteriosa morte dei due. Con l’aiuto di un suo vecchio amico, Henry (Alan Arkin) e del suo nuovo coinquilino e aspirante boxeur Hawke (Winston Duke), l’uomo cercherà di andare a fondo in questa storia, scoprendo un gigantesco giro di corruzione.
Meno patriottismo e più action caciarone
Chi conosca anche un minimo la filmografia di Wahlberg probabilmente sa come questo si trovi perfettamente a proprio agio nei panni del poliziotto indisciplinato e poco incline a seguire le regole (basti citare Cani sciolti e il più leggero I poliziotti di riserva). Da qui l’impressione che, per la prima volta, sia stato più Berg a piegarsi alle esigenze interpretative del suo attore feticcio piuttosto che non il contrario. Meno patriottismo quindi e più action caciarone, a supplire con il puro intrattenimento ad alcune pecche di scrittura, soprattutto in termini di approfondimento dei personaggi – praticamente assente – e di una parte centrale fin troppo schematica nel suo mostrare le intuizioni che porteranno il protagonista a una serie di conclusioni logiche alle quali uno spettatore mediamente smaliziato può facilmente arrivare quasi da subito, compresa la reale identità del villain di turno.
In conclusione
Ma sono peccati veniali, rispetto a un film che, ben lungi dal voler essere un giallo, mantiene più o meno tutto quello che promette, compreso un cast di comprimari di assoluto livello con un Alan Arkin in grande spolvero, il gigantesco Winston Duke, reduce dall’exploit di Noi (Us) e dei due ultimi Avengers, e la piacevolissima sorpresa di Iliza Shlesinger, stand-up comedian di razza (i suoi show sono visibili sempre su Netflix) perfetta per il ruolo della sboccata fidanzata di Spenser. Più vicino al John McClane di Die Hard che non al Toretto di Fast and Furious, Spenser è insomma un archetipo rassicurante nella sua bidimensionalità e, sebbene la possibilità di un ipotetico sequel suggerita nelle sequenze finali ci sembri tutto sommato prescindibile, regala due ore scarse di divertimento squisitamente fine a se stesso. Che, di questi tempi, non è affatto male.