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Dal romanzo di Lucy Maud Montgomery, Anne with an E è giunta alla sua terza stagione

Tratta dal romanzo Anna dai capelli rossi di Lucy Maud Montgomery, Chiamatemi Anna (Anne with an E) racconta in tre stagioni le drammatiche vicende della celebre eroina dai capelli rossi e dalla fervida fantasia.

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Di Anna dai capelli rossi conosciamo davvero tutti la storia: Anne Shirley, nata in Nuova Scozia, è una ragazzina rimasta orfana dopo la morte dei genitori; viene adottata “per errore” da Marilla e Mattew Culby e si ritroverà a Green Gables, una fattoria nella cittadina di Avonlea. Ricca di un mondo interiore complesso e creativo, nonché caratterizzata da un’ estrema sensibilità e tendenza al tragico e al melodrammatico, Anna cambierà per sempre le vite dei due fratelli e degli abitanti del luogo.

Il merito di Anne with an E è quello di aver modernizzato la vicenda e i personaggi, rendendoli più vicini all’attualità e ai conflitti della nuova generazione

La serie targata Netflix, creata nel 2017 da Moira WallwyBeckett, non aggiunge molto in realtà a quanto già conoscevamo di Anna, non solo dal romanzo ma anche dal celebre anime giapponese degli anni Ottanta (la trasposizione sicuramente più famosa del romanzo della Montgomery). Il merito di Anne with an E (giunto alla terza serie nel 2019 e inaspettatamente cancellato, nonostante il grande successo riscontrato e le vive proteste dei fan) è quello di aver modernizzato la vicenda e i personaggi, rendendoli più vicini all’attualità e ai conflitti della nuova generazione.

Ecco il perché del grande seguito ottenuto da una serie tecnicamente ineccepibile, non solo dal punto di vista della regia, ma anche per la sua superlativa fotografia, che immortala paesaggi straordinari, per la musica, il suono e per un cast veramente ottimo. A cominciare dalla protagonista: Amybeth McNulty è davvero una straordinaria Anna Shirley, capace di passare in pochi attimi da un sorriso disarmante e solare a una drammaticità di espressione impetuosa. Nota di merito anche per il giovane Lucas Jade Zunman, un Gilbert misurato ma molto efficace, e per Geraldine James R.H. Thompson, che offrono un’intensa interpretazione di Marilla e Mattew Cuthberg.

Una serie non solo per ragazzi

Uno dei punti più meritevoli della serie è sicuramente la capacità di aver saputo attrarre un pubblico diverso per fasce d’età; raccontando di un delicato momento storico per la società americana, Anne with an E è uno specchio crudele di varie problematiche sociali del tempo: la precaria situazione degli orfanotrofi, la violenza minorile, il razzismo e la xenofobia, il bullismo, la posizione subordinata della donna, i traumi infantili. Attraverso una sceneggiatura curata, con dialoghi moderni e allo stesso tempo scritti con cura da “letterata”, la Walley-Beckett lascia una scrittura potente, con monologhi (spesso affidati ad Anna) ricchi di spessore narrativo, ma anche molto legati a problemi concreti.

Aldilà del racconto di Anna, della sua scoperta del valore della famiglia, della ricerca del “ceppo” di appartenenza, del desiderio di sentirsi accettata nella sua “diversità intellettuale”, nel suo voler essere donna e non solo “femmina”, c’è molto di più: c’è una società che lotta per un difficile cambiamento, c’è un senso di comunità multiculturale e multirazziale che tenta di farsi strada, c’è l’idea del matrimonio come complemento aggiuntivo e non come fine ultimo e infine c’è il sogno della Principessa Cordelia, c’è la fantasia e l’amore per “il viaggio” interiore, per la conoscenza, per la scrittura, per lo studio e per tutto ciò che può rendere libera quella parte di noi rimasta prigioniera troppo a lungo e che necessita di essere raccontata.

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