“Menzione Memoria” al “Visioni Fuori Raccordo 2010”, la pellicola di Cioni è un riuscito esperimento di documentario sociologico a carattere euristico, che proprio nella sua genesi trova il modo di coinvolgere chi guarda: l’occhio del regista appare curioso e a tratti inconsapevole nell’indagine quanto quello dello spettatore.
«L’anima del Purgatorio è un abitante di questo mondo. Il morto che non ha nome, che appare in sogno, che erra fra i vivi. Lo sconosciuto incrociato nella folla, il viso sulla foto di chi è scomparso. L’Altro. Uno degli altri, ognuno di noi.» Giovanni Cioni viaggia camera a mano fra i quartieri e i cimiteri di una Napoli cupa e spesso battuta dalla pioggia.
“Menzione Memoria” al “Visioni Fuori Raccordo 2010”, la pellicola di Cioni è un riuscito esperimento di documentario sociologico a carattere euristico, che proprio nella sua genesi trova il modo di coinvolgere chi guarda: l’occhio del regista appare curioso e a tratti inconsapevole nell’indagine quanto quello dello spettatore.
Partendo dal “Cimitero delle Fontanelle”, che da secoli ha un ruolo-cardine nella cultura popolare napoletana, la pellicola ci mostra il forte rapporto dei partenopei con il culto dei morti e con l’aldilà. La bella e cupa fotografia (la parte più curata dell’intero film) fa intendere subito i propositi dell’autore: l’opera è ambientata interamente a Napoli, ci fa respirare Napoli, ma non è un film su Napoli e il folklore popolare, bensì una ricerca di carattere più universale sull’Altro, sull’eternità, sul ricordo e la vita dopo la morte.
Se questa pellicola dice qualcosa sulla cultura partenopea, è che in ogni napoletano c’è un filosofo o un poeta: l’antologia di personaggi è eccellente, per citarne alcuni ricordiamo la pittoresca Corte dei Miracoli di un gruppo di ladri e scassinatori, o un elegante signore che parla del giro di truffe del Cimitero di Poggioreale, ma ci tiene a rimanere anonimo.
Il film sembra man mano abbandonare il suo carattere metafisico per convogliare su un registro più comico, ma il cambio è solo di facciata (o se volete un’abilità di montaggio): messaggio e contenuti rimangono gli stessi.
Tirando le somme, In purgatorio è un lavoro degno di nota, tanto per le coraggiose premesse di produzione (girare un film progettandone buona parte strada facendo) quanto per il risultato finale sorprendentemente coerente, una pellicola girata come un documentario che si eleva spesso ad esperienza visiva.
Angelo Mozzetta
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