Presentato in anteprima al Festival di Locarno nel 2016, La natura delle cose, documentario della regista marchigiana Laura Viezzoli, racconta la fase terminale della vita di Angelo Santagostino, malato di SLA, e della sua decisione di rinunciare alla vita, pur avendola vissuta e amata intensamente.
E’ proprio questo il tema centrale del documentario, un uomo che pur amando la vita non riesce più a viverla, un’opera estremamente delicata e intima, che ha ottenuto importanti riconoscimenti, come il premio Corso Salani al Trieste Film Festival nel 2017 con una motivazione che ne rappresenta pienamente il cuore, ma soprattutto la partecipazione emotiva della regista: “Per lo sguardo diretto, complice, con cui descrive e filma una persona destinata all’immobilità. Per la fluidità nel creare un dialogo con esemplare tensione espressiva tra il presente e la memoria, intima e storica.”
Angelo Santagostino: la vita, sempre
Laura Viezzoli inizia a fare ricerche sul tema del fine vita dopo la morte di Piergiorgio Welby e quella di Eluana Englaro.
Non era l’ultimo grido di disperazione che la interessava, quanto il percorso che un uomo o una donna compiono per arrivare a desiderare di staccare la spina.
Dopo aver letto gli scritti di Welby, ed essersi immedesimata nel corpo e nel pensiero di un malato terminale, ha provato a restituire tale sensazione attraverso il suo mezzo di espressione.
E’ durante questo studio che conosce Angelo Santagostino, il protagonista de La natura delle cose, il cui percorso di vita è caratterizzato da scelte forti e tanto amore.
L’amore per Dio, per il quale si era fatto prete a 25 anni, dopo il seminario e la Laurea in Teologia e Filosofia nel 1968; quello per Marinella, conosciuta nel 1974, durante la campagna che Angelo, sacerdote, portava avanti a favore del divorzio – “Nella vita si può sbagliare. Perché crocifiggere?” – , poi divenuta sua moglie, la mia radicalità; quello per i figli, intorno a cui ruota la sua completa esistenza.
Nell’estate del 2008, a 65 anni, intuisce di avere qualche problema di salute e a novembre di quello stesso anno arriva la diagnosi: SLA, sclerosi laterale amiotrofica. Prima della fine dell’anno, perde anche l’adorata Marinella, che muore a dicembre per un cancro al seno.
Come un astronauta
Quando Laura entra nell’universo di Angelo, questo è costellato dei suoi due figli Sara e Matteo, del suo psicologo Sergio Borrelli (co-sceneggiatore del documentario insieme alla regista e a Enrica Gatto) e Maura Degl’Innocenti, suo medico palliativista.
Angelo ha anche un ricco universo interiore, fatto di ricordi, felici, dolorosi, e soprattutto di amore per la vita.
A tenerlo in vita, oltre ai tubi dei vari macchinari, c’è il suo bisogno di comunicare. E lo fa attraverso un puntatore oculare: la sua pupilla fissa le lettere su un monitor e compone le parole.
La pupilla è una membrana mobile, che si piega alle circostanze. “Quando il corpo viene a mancare, quando ogni muscolo si irrigidisce fino a impedire la parola e il respiro, allora è l’occhio a prendersi tutte le responsabilità, a produrre pensiero, a lottare contro l’oscurità.”
La natura delle cose si ispira all’omonimo poema di Lucrezio, in cui si sostiene che la vita è il risultato dell’unione casuale di una parte infinitesimale di atomi, compresa quella stessa malattia che gli fa percorrere un viaggio interiore, rivedendo il film della sua vita, come “un astronauta in missione che guardava la vita e il tempo dall’alto in quel confine complesso, estremamente individuale ma anche prezioso, del fine vita, il confine tra il vivibile e l’invivibile“, per usare le parole di Laura Viezzoli.
Una poetica opera di transcodificazione
Così come l’occhio di Angelo traduce i pensieri dell’uomo in parole, quello di Laura riesce a trasporli in immagini.
Sono immagini simboliche del viaggio di Angelo, gli astronauti delle missioni lunari che raccontano la Terra, la stessa Terra a cui Angelo è attaccato. “La voglia di andare dura come il Cielo eterno; la voglia di restare dura come la Terra, che prima o poi finisce.”
Le immagini spaziali si alternano a scene di vita, pezzi del quotidiano, dei momenti speciali, dei viaggi, che fanno parte del vissuto emotivo di Angelo e travolgono lo spettatore, che non può fare a meno di sentirsi parte dell’intera esperienza.
Quando Laura chiede ad Angelo come vorrebbe che fosse la voce dell’attore a cui affidare le sue parole, lui, con il suo puntatore oculare, dice: bassa e baritonale.
Sarà infatti Roberto Citran a dare voce ai pensieri di Angelo, arricchendo ancora di più, la poetica opera di transcodificazione che La natura delle cose riesce a realizzare.
Vivere vuol dire potersi esprimere
Vedere questo film durante i giorni che stiamo vivendo, in piena emergenza Coronavirus, ci fa riflettere sulla vita, sull’importanza di poter comunicare, e su quanto esprimerci ci mantenga vivi, anche quando siamo costretti a casa, bombardati da numeri e notizie che ci ricordano che nessuno di noi è immortale.
Sono le parole dello psicologo di Angelo, Sergio Borrelli , a darci uno spunto di riflessione in questo senso.
“La SLA toglie le funzionalità motorie di tutti i muscoli volontari: anche le palpebre ad un certo punto non si aprono più. Angelo era terrorizzato da questo. È la sindrome Locked-in: si è coscienti, ma non si riesce a comunicare. È peggio che stare in gabbia, è come essere chiusi dentro un sarcofago.”
L’uomo saggio è colui che vive non finché deve, ma finché può
“Le mie ultime volontà: voglio che tutte le cure siano finalizzate a contenere il dolore e non a prolungare una vita già fin troppo pesante. Voglio essere curato solo con cure palliative e nel momento in cui si verificherà un’infezione rifiuto il ricorso ad antibiotici o altri salva vita.”
Nell’aprile del 2014, dopo due anni dal suo testamento biologico, Angelo scrive che gli occhi gli fanno male, e, incapace di affidare i suoi pensieri al suo universo, sente che forse è arrivato il momento di andare. “Sento che l’uomo saggio è colui che vive non finché deve, ma finché può”, ribadendo l’importanza dell’ascolto e del libero arbitrio.
Proiettato anche al Senato, nel marzo nel 2017, durante il periodo in cui era in corso la discussione della legge sul fine vita, ci auguriamo che il documentario La natura delle cose di Laura Viezzoli trovi una distribuzione sia nei canali classici che tramite piattaforme streaming, perché ci dia lo spunto per riflettere sulla voce che dà corpo alle nostre, preziose, vite.