Perché, come tutti sappiamo, si tratta della costola della label riguardante l’horror, genere al cui interno non rientra che marginalmente il lungometraggio di Gaspar Noé. Con il cinema di Dario Argento e Lamberto Bava tra le dichiarate fonti d’ispirazione, potremmo al massimo affermare che Climax reinventa il giallo. E, aperto dall’immagine di una donna che si trascina sulla neve lasciando una scia di sangue, lo fa immergendosi in un contesto che ricorda Deliria. Un contesto rappresentato da un collegio in disuso dove venti giovani danzatori si riuniscono per una prova di tre giorni. Un contesto che il cineasta argentino, però, sfrutta in maniera differente rispetto al Michele Soavi del suo esordio, caratterizzato da sanguinosa mattanza slasher style. Infatti, prima ancora di mostrarceli alle prese con il ballo, introduce i protagonisti attraverso registrazioni su nastro magnetico visualizzate tramite un televisore a tubo catodico.
Televisore ai cui lati è possibile scorgere libri e videocassette. Scelta dovuta senza dubbio al fatto che l’operazione si basa su fatti realmente accaduti nella Francia del 1996.
Quindi, è nell’atmosfera degli anni Novanta che tenta di catapultarsi la oltre ora e mezza di visione, miscuglio di teatralità e look da videoclip.
Teatralità dovuta all’ambientazione totalmente in interni e al fatto che ogni sequenza è stata improvvisata; look da videoclip, invece, testimoniato dalla scelta stilistica generale.
Del resto, man mano che troviamo in scena anche una coreografa accompagnata dal figlio piccolo, a dominare è un autentico tripudio di alcool e musica. Tripudio atto a scandire un clima da sballo trasgressivo che, in mezzo a crudi discorsi riguardanti sesso e droga, sfocia nella pura follia. Soprattutto dal momento in cui si percepisce che qualcuno del quale non si conosce l’identità ha messo qualcosa di stupefacente nei bicchieri.
Segnando l’inizio di un gioco al massacro atto ad occupare un lungo e ipnotico pianosequenza. Un gioco al massacro posto dopo i titoli di testa che, assurdamente, giungono una volta superati i primi tre quarti d’ora di film.
Un gioco al massacro destinato a far confondere continuamente vittime e carnefici, complice in maniera efficace l’allucinato tenore generale.
Senza dimenticare influenze da Possession di Andrzej Zulawski e Vibroboy, cortometraggio di Jan Kounen; mentre il ritmo è frenetico e la macchina da presa ondeggia. Al servizio di un’accattivante esperienza visiva trasudante erotismo pur evitando di apparire eccessivamente esplicita, sebbene non manchino nemmeno tematiche quali incesto e omosessualità. Un’esperienza visiva impreziosita da una sgargiante varietà cromatica in cui a spadroneggiare è il rosso, in particolar modo nell’orgia finale inquadrata sottosopra. Un’esperienza corredata nella sezione extra del disco in alta definizione di trailer, ventotto minuti di interviste al cast e quattordici di conversazione con Noé. Il Noé nella cui idea Climax racconta il lato oscuro che c’è dentro di noi e che, in determinate situazioni, prende il sopravvento.