Profumo di donna, un film del 1974 diretto da Dino Risi, tratto dal romanzo Il buio e il miele di Giovanni Arpino del 1969. Presentato in concorso al Festival di Cannes 1975, ha valso a Vittorio Gassman il premio per la migliore interpretazione maschile. Ai premi Oscar 1976 ricevette due nomination come miglior film straniero e migliore sceneggiatura non originale. Nel 1992 fu realizzato un remake della pellicola, Scent of a Woman, diretto da Martin Brest ed interpretato da Al Pacino e Chris O’Donnell. Con la sceneggiatura di Ruggero Maccari e Dino Risi e le musiche di Armando Trovajoli, Profumo di donna è interpretato da Vittorio Gassman, Agostina Belli, Alessandro Momo, Moira Orfei. David di Donatello a Dino Risi per miglior regia e a Vittorio Gassman per il miglior attore. Gassman ricevette anche il Nastro d’Argento per la sua interpretazione.
Sinossi
Il capitano Consolo ha perso la vista in seguito a un incidente. Pur nascondendo la disperazione sotto una cinica maschera da uomo di mondo, decide di suicidarsi. Accompagnato da un candido soldatino, si mette in viaggio per Napoli, dove vuole attuare il suo gesto estremo.
Dino Risi dirige il grande Vittorio Gassman e il talentuoso Alessandro Momo in una commedia dai toni drammatici e malinconici, dotata di una leggerezza e una eleganza rare nel cinema odierno, che non scade mai in facili sentimentalismi, né in battute volgari, ma prende per mano lo spettatore con il suo dolce tocco melò e lo guida attraverso il delinearsi delle caratterizzazioni dei protagonisti e il loro viaggio esteriore e interiore verso la luce. Non è un caso che Gassman venga mostrato per la prima volta in una stanza buia con poca luce filtrante, mentre nel finale lui e la bellissima e bravissima Agostina Belli sono letteralmente innaffiati da essa.
Perché il viaggio dello scontroso e ironico ex-capitano è una trasmigrazione dal buio interiore alla luce della liberazione da una condizione di vita opprimente e angosciosa che lentamente gli stava togliendo l’entusiasmo. Inizialmente ci appare quasi un personaggio cinico, un viveur di prima categoria, paradossalmente sempre allegro e pieno di vitalità, ma tutto ciò nasconde il vuoto interiore, la sofferenza di un’anima lacerata prima ancora che di un corpo a cui sono stati tolti la vista e la mano sinistra, una flebile luce in procinto di spegnersi che non accetta il fatto di dover dipendere da altri e di essere (superficialmente) considerato un infermo.
La ricerca dell’amore carnale nasconde il bisogno di un sentimento autentico da troppo tempo autonegatosi, forse perché interpretato come un gesto pietoso o semplicemente rifiutato per non essere di peso ad altri, l’amore della giovane Sara che, tutt’altro che impietosita, lo ama per l’uomo che era e che è ancora e che tornerà ad essere.
E come ogni viaggio che si rispetti, sarà anche l’occasione per Giovanni di maturare e fare esperienza nel mondo degli adulti e di andare oltre le apparenze, al punto che, lamentatosi più di una volta durante la loro convivenza delle prese in giro e dei modi bruschi del suo vecchio compagno di avventure, nel momento del saluto non dirà “addio” bensì “arrivederci”, poiché dalla loro compagnia forzata è nata una sincera amicizia.
Il maestro Dino Risi, lirico cantore della quotidianità, è capace di rendere straordinaria la normalità e di scovare l’essenza nobile dell’ambiente popolare. E qui compie il miracolo di trasformare la disgrazia in privilegio e di fare, del nulla che circonda l’occhio cieco, un tutto sconfinato e impenetrabile: un profondo spazio intergalattico, che, nel cuore dell’universo, racchiude il percorso mutevole ed il senso sfuggente del destino umano.