Il delitto perfetto (Dial M for Murder), un film thriller del 1954 diretto da Alfred Hitchcock, originalmente distribuito in formato stereoscopico. Il film fu girato originariamente in formato stereoscopico, per contrastare la nascente popolarità della televisione. Il cinema tridimensionale, considerato con diffidenza dal regista, ebbe infatti un primo e breve periodo di popolarità intorno alla metà degli anni 1950, esaurendosi nel giro di un paio d’anni. Hitchcock lo usò con sottigliezza, evitando effetti eccessivi, si limitò a sottolineare il rilievo con inquadrature dal basso, e, appositamente, aveva fatto costruire una buca in modo che la macchina da presa fosse al livello del pavimento. L’idea del film fu suggerita a Hitchcock da un dramma di Frederick Knott dal titolo omonimo, rappresentato a Londra nel Giugno 1952 e a New York nell’ottobre dello stesso anno. Alfred Hitchcock e Jack Warner acquistarono i diritti cinematografici dell’opera di Frederick Knott da Alexander Korda, il quale li aveva acquistati per la modica somma di 1.000 sterline e li rivendette a 30.000. Con Ray Milland, Grace Kelly, Robert Cummings, Anthony Dawson.
Sinossi
Tony vive alle spalle della ricca moglie Margot e quando si accorge che lei si sta innamorando dello scrittore Hilliday capisce che deve intervenire. Ricattandolo, costringe un vecchio amico a introdursi in casa per uccidere la donna. Margot però reagisce e uccide l’uomo mentre lui sta tentando di strangolarla. Tony si adatta subito alla nuova situazione e, con una deposizione subdola, la fa accusare di omicidio.
Il delitto perfetto appartiene al gruppo dei film più sperimentali di Alfred Hitchcock, in quanto concepito in primis come stereoscopico, ma in particolare per essere una specie di continuazione o una variazione di Nodo alla gola data l’ambientazione, salvo qualche breve inquadratura secondaria e quella importante del processo, risolta elegantemente in due uniche riprese con Grace Kelly in primo piano su uno sfondo con colori sempre più cupi, a sottolineare la gravità della sua posizione, in un unico set, (l’appartamento di Tony e Margot); e, poi, l’origine teatrale, il testo di Frederick Knott, dal medesimo sceneggiato, e l’uso di un numero ristretto di attori – i coniugi, l’amante di lei, il (potenziale) killer e l’ispettore di polizia – seguiti in modo implacabile dalla macchina da presa del regista, che scruta sorniona tutte le loro azioni e tesse un perfetto meccanismo ad orologeria, ben più perfetto del delitto mancato che scombina le carte in tavola.
Dialoghi acuminati e pungenti – su tutti, quello che allude al consueto binomio arte/vita o finzione/realtà, proferito dallo scrittore di gialli, che dice: ”Nei romanzi le cose vanno come l’autore vuole che vadano, ma nella vita no, mai!” – una tensione subito palpabile dalle prime scene, che culmina nella celebre scena dell’omicidio per legittima difesa, introdotto con l’abituale tecnica del dilatamento del tempo che crea angoscia nello spettatore che è informato di tutto, che ribalta tutto, con il cacciatore che si trasforma in preda e la vittima, molto subdolamente, grazie alla ‘mente’ del piano, in carnefice prima, sospettato poi, nonché condannato.
Molto bene gli attori, con a giocare la parte dei leoni il trio Grace Kelly, vittima del complotto, ma anche lei con qualche scheletro nell’armadio, Ray Milland, ‘cattivo dai modi eleganti’ e John Williams, furbo ispettore di Polizia dai modi un po’ irregolari ma efficaci, mentre un po’ ordinarie le prove di Anthony Dawson, ‘assassino mancato’ e di Robert Cummings, scrittore che ha la tresca con Margot, a causa di ruoli stereotipati. Non tra i migliori il doppiaggio, specie le voci di Dhia Cristiani per Grace Kelly e di Stefano Sibaldi per Robert Cummings.