Matador, un film del 1986 diretto da Pedro Almodóvar e scritto dallo stesso regista, insieme allo scrittore Jesús Ferrero.
Almodóvar attinge a piene mani da Georges Bataille e Yukio Mishima. La figura del torero, del Matador , si prestava alla perfezione nell’incarnare la vicinanza della morte e al sangue. Un contributo determinante alla decantazione di un materiale romantico e passionale, legato ai riferimenti alla cultura spagnola, giunge dalla collaborazione alla sceneggiatura dello scrittore Jesús Ferrero. È la prima collaborazione di gran talento che Almodovar ottiene per una sceneggiatura di un suo film. Il regista attribuisce questo intervento alla “freddezza”, al rigore quasi hitchcockiano, alla capacità di “rendere universale e atemporale” un materiale tanto rovente e geograficamente connotato. Con Assumpta Serna, Nacho Martinez, Antonio Banderas, Carmen Maura, Eva Cobo, Julieta Serrano.
Matador : la trama
A causa di un incidente il torero Diego Montes è costretto ad abbandonare la sua brillante carriera. Non potendo fare a meno di uccidere trasferisce la propria furia omicida sulle sue amanti che elimina nel momento dell’orgasmo. Anche Maria, un’affascinanate avvocato penalista, riserva lo stesso trattamento ai suoi amanti. Ángel, un ragazzo problematico allievo di Montes, si autoaccusa degli omicidi. Maria, segretamente innamorata di Montes, decide di difendere il ragazzo per poter finalmente conoscere il grande torero. Fra i due, scoppia una passione folle.
La recensione di Matador
Sangue e arena secondo Almodovar. Uno dei film più passionali di Pedro, che brulica di istinti ma si appoggia su un concreto baricentro narrativo; rispetto ad altre sue pellicole infatti la storia ha la sua importanza, arbitra i personaggi come marionette del desiderio e li logora fino all’eccesso, alla disperazione. Un dramma smisurato, senza inibizioni, a cui Pedro contrappone uno stile che non si sovrappone alla scabrosità del racconto, ma lo segue senza deformarlo, che trova nel finale un autentico momento di lirica almodovariana.
È La signora della porta accanto dello spagnolo più rock ed amabile dello schermo, dove le pulsioni omicide, le metafore, il sangue cremisi dell’amore e della morte, Eros e Thanatos, sembrano combinarsi con l’unicità del mondo di Pedro, e così dalla corrida esce l’assassino non l’eroe, dal realismo si passa all’astratto (come se fosse un quadro d’arte contemporanea) e all’inspiegabile, sia la psicologia umana o l’innamorarsi. Un frutto acerbo che però vuole dire tanto e dà moltissimo. Almodovar filma la passione, l’orgasmo (o meglio la ricerca dell’orgasmo), la sessualità come un precursore del nostro tempo. Non conta il soggetto, conta quello che Pedro riesce a estrapolare dalla sua storia, ovvero creare immagini straordinarie cercando un’estetica e una bellezza dall’umiltà degli istinti.