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Fulci For Fake: Simone Scafidi racconta coraggiosamente una storia, basandosi su una solida sceneggiatura

L’anima di Fulci è Fulci stesso. Simone Scafidi lo capisce e ne dipinge un ritratto basandosi su un unico elemento: l’amore. Fulci viene ricordato da chi in vita lo ha amato davvero

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Scrissi la mia ultima recensione nel 2011 per Taxidrivers , in occasione dell’uscita di Machete. In questi anni non ho mai sentito la necessità di ritornare a scrivere di cinema, mai, fino ad oggi. Lo scorrere dei titoli di coda di Fulci For Fake è come la lama di un rasoio. Incide dei profondi solchi nella coscienza di chi guarda. Solchi destinati a perdurare. Sono consapevole di come sia inusuale parlare in questi termini di un’opera del genere, ma è proprio questa la sensazione che ho provato.

Fulci For Fake è un’opera geniale. Catalogarla, rappresenta già di per sé un’impresa. Documentario? Biopic? Docufilm? Mockumentary? Metacumentary? Molto più semplicemente l’ultima fatica di Simone Scafidi è un film. Un grande film. Sarebbe stato facile cadere nella trappola di tessere le lodi di un regista, già idolatrato nel mondo, attraverso gli inediti aneddoti dei testimoni dell’epoca. Sarebbe stato facile confezionare un lussuoso contenitore ricolmo di curiosità, destinato magari ad arricchire la più esclusiva limited edition di uno dei suoi film di culto. Fulci For Fake non è questo. Non è un album di ricordi. Simone Scafidi, coraggiosamente, decide di raccontarci una storia, e lo fa basandosi su una solida sceneggiatura.

Io studierò, indagherò, alla fine scoprirò chi era davvero Lucio Fulci!”. Così Nicola Nocella, nei panni di un attore che ha il compito di interpretare il ruolo del regista romano, ci tende la mano per accompagnarci in un viaggio tortuoso e proibitivo, alla ricerca dell’essenza di Fulci. Una ricerca basata sui racconti di chi ha vissuto e lavorato al suo fianco. Una ricerca che segnerà sia il protagonista che lo spettatore, figure perfettamente speculari. Il risultato di questa indagine verrà delicatamente riposto nelle nostre mani ancora pulsante e grondante sangue. Sono due i pilastri su cui trova sostegno questo lavoro. Due elementi che si intrecciano senza sosta creando un endoscheletro capace di reggere un peso così importante. Una scelta strutturale che indirizza il racconto su un doppio registro narrativo:  il cuore e l’anima.

Il cuore di Lucio Fulci è la sua produzione, o meglio la sua produzione horror. Simone Scafidi qui ha una grande intuizione e decide di affidare questo racconto ad una voce “fuori dal coro”. Fuori dal coro in tutti i sensi. In primo luogo, a differenza di tutte le altre figure che appaiono nel film, non appartiene all’entourage del regista. In secondo luogo, perché rappresenta una visione che “rompe gli schemi” della critica classica, proprio come Fulci faceva con il cinema. Il Virgilio che ci accompagna in questo viaggio è infatti Davide Pulici, co-fondatore di Nocturno e uno dei massimi esperti di cinema di genere. Pulici ci illustra le opere e il cinema di Fulci, dandone una visione personale e a tratti molto percettiva.

L’anima di Fulci è Fulci stesso. Simone Scafidi lo capisce e ne dipinge un ritratto basandosi su un unico elemento: l’amore. Fulci viene ricordato da chi in vita lo ha amato davvero, tra occhi che si inumidiscono e parole che a volte fanno fatica a farsi strada. Il perno di questo universo emotivo è la figlia Camilla. Buona parte del film è incentrato sulle sue parole e, fin da subito, se ne capisce la ragione, quando esordisce con “Mio padre è sempre qui con me, anche in questo momento”.

Simone Scafidi vigila attentamente i due binari su cui il film viaggia, facendo in modo che gli incroci siano calcolati al millesimo. Cuore e anima danzano sospesi tra un elegante valzer e una frenetica danza tribale. Confondono, rassicurano, inquietano, nascondono e palesano il vero volto di Lucio Fulci. Allo spettatore il compito di riconoscerlo e farlo suo, proprio come il protagonista Nicola Nocella.

Fulci for Fake conferma in maniera definitiva il perché Lucio Fulci sia così amato dai fan del cinema horror. È uno di quei pochi registi che è riuscito a rappresentare nelle sue opere, in maniera così reale e vivida il dolore, la sofferenza, la morte. Facendo convivere Eros e Thanatos, desiderio e violenza, gli impulsi fondamentali del genere umano, mostrandone allo spettatore la vera natura. Concetto egregiamente racchiuso in Lo squartatore di New York. La sofferenza come parte integrante della vita vissuta. D’altronde come diceva Emil CiranLa morte è l’aroma dell’esistenza”. Fulci for Fake, in sintesi, racconta di un uomo, del suo lavoro, della sua famiglia, delle sue passioni, delle sue angosce e lo fa attraversando la storia di un cinema che non esiste più. Perché, come ricorda Enrico Vanzina in uno dei suoi interventi: “Negli anni ’50 il cinema era una cosa seria….era una cosa seria proprio perché non lo era… “.

Simone Giongrandi

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