Pasqualino Settebellezze di Lina Wertmüller del 1975 è al TFF nella sezione Zibaldone.
La pellicola fu candidata a quattro Premi Oscar nel 1977: migliore regia, miglior film in lingua straniera, miglior attore protagonista e migliore sceneggiatura originale; la Wertmüller fu la prima donna ad essere candidata all’Oscar come miglior regista. Il film ebbe un grandissimo successo di pubblico anche negli Stati Uniti con il titolo Seven Beauties. Fu tuttavia aspramente criticato in Io sono un autarchico di Nanni Moretti, perché ritenuto sopravvalutato. Scritto e sceneggiato da Lina Wertmüller, con la fotografia di Tonino Delli Colli, il montaggio di Franco Fraticelli, le scenografie di Enrico Job e le musiche di Nando de Luca ed Enzo Jannacci, Pasqualino Settebellezze è interpretato da Giancarlo Giannini, Fernando Rey, Elena Fiore, Shirley Stoler, Roberto Herlitzka.
Sinossi
Pasqualino è un poveraccio che commette un delitto d’onore. Per questo motivo viene chiuso in un manicomio criminale, ma esce a causa della guerra. Viene catturato e finisce in un lager tedesco dove commette un altro omicidio. Alla fine delle ostilità ritorna in una Napoli tragicamente euforica che festeggia l’arrivo degli alleati.
Pasqualino Settebellezze può essere definito, senza troppa fatica, una tragicommedia, in cui il gusto per il grottesco emerge in maniera naturale, quasi consequenziale alla bravura del protagonista Giancarlo Giannini, che trascina lo spettatore con il suo fare da pseudo criminale. Pasquale Frafuso è un camorrista napoletano che, per garantirsi una certa rispettabilità tra la gente della malavita, si barcamena in una Napoli degli anni Trenta, dipinta nel suo folklore e nella sua irriverenza. Pasqualino incarna perfettamente quella strafottenza tipica del malavitoso che si sente onnipotente, ma anche di un uomo tarato che non sa destreggiarsi tra le disavventure che gli si presentano davanti. Deciso a vendicare l’onore della sorella, uccidendo chi l’ha costretta a prostituirsi e consumando l’omicidio in una scena dal sapore western, con primo piano fisso sugli occhi dei due rivali, il protagonista della pellicola finisce per essere internato, a causa di una infermità mentale per la quale dovrà stare 12 anni in manicomio. Ed è forse il male minore, considerando che dopo questa forzata prigionia, procuratagli da un avvocato per niente scaltro, Pasqualino dovrà imbattersi nelle brutture della guerra, prigioniero, ora che avrebbe potuto godere della sua libertà.
Un frammento di verità
Lina Wertmüller costruisce un film in cui la dimensione realistica delle vicende raccontate, documentata dai cinegiornali dell’epoca che ricalcano il periodo fascista, è un modo per tenere ancorato lo spettatore ad un frammento di verità in un vero e proprio caos di situazioni altalenanti. La regista, che ha sempre strizzato l’occhio al reportage, introduce questa vena quasi ritrattistica nel descrivere personaggi e luoghi: le zone pittoresche della città partenopea all’improvviso sono sostituite dalla cupezza dei manicomi criminali, per arrivare al terribile declino dei campi di concentramento. La grandezza di questa pellicola si nasconde nella sua capacità, tipica di un modo di fare cinema, di potersi burlare anche delle nefandezze dell’uomo, finanche della guerra ricalcata nella sua assurdità. Le azioni più abiette e terribili vengono riproposte sullo schermo senza remore, come accade per la violenza ai danni della donna in manicomio e la Wertmuller ritrae il suo protagonista come un uomo amorale, ancor più assurdo e dissacrante n è in fil ella sua amoralità, un uomo che, come dice la canzone che fa da sottofondo all’intera pellicola, “tira a campà”.
Pasqualino Settebellezze è l’incarnazione della mentalità italiana propensa alla tragedia, ma legata da un doppio filo alla farsa, tipica di quell’uomo che vuole evolversi, ma anche non trova mai il tempo e la modalità giusta per farlo. Gli occhi verdi di Giancarlo Giannini, la sua voce all’epoca del film meno cavernosa di quella attuale, quel mondo che non esiste più che gli fa da contorno, le musiche di Enzo Jannacci, sono stati oggetto di un accurato restauro, ad opera Centro Sperimentale di Cinematografia-Cineteca Nazionale e Genoma Film proiettata allo scorso Festival di Cannes nella sezione Cannes Classic, alla presenza della regista e del suo interprete.
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