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31° Trieste Film Festival: The Father di Kristina Grozeva e Petar Valchanov. Il Premio Trieste al miglior lungometraggio in concorso va al film bulgaro

The Father di Kristina Grozeva e Petar Valchanov, elaborazione di un lutto attraverso il viaggio assurdo e sgangherato di un padre e di un figlio, tra sensi di colpa e legami da riallacciare.

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Miglior film in concorso è The Father di Kristina Grozeva e Petar Valchanov, elaborazione di un lutto attraverso un viaggio di un padre e figlio.

Premio Trieste al miglior lungometraggio in concorso

Il duo bulgaro composto da Kristina Grozeva e Petar Valchanov è ormai di casa a Trieste, che aveva accolto con entusiasmo già parte della loro produzione cinematografica precedente; un entusiasmo, occorre confessarlo subito, che non sempre noialtri avevamo condiviso in toto.

In particolare l’osannatissimo (e non soltanto al Trieste Film Festival, per dirla tutta) The Lesson (Urok, 2014) ci era sembrato viziato da una sceneggiatura troppo studiata a tavolino, programmaticamente votata a confondere tra loro tracce da “cinéma vérité” e quella latente spettacolarizzazione di situazioni ansiogene, dai risvolti potenzialmente drammatici, spinta davvero un po’ troppo in là. Come se affastellare circostanze sfortunate nella spasmodica ricerca di denaro della protagonista fosse l’unico modo per muovere la narrazione e denunciare il quadro sociale di riferimento.

Siamo pertanto ancor più felici di affermare che con BASHTATA (Il padre / The Father) il cinema di Kristina Grozeva e Petar Valchanov ha acquisito ben altro slancio, una maggiore complessità dovuta anche al felice inserimento di spunti paradossali e folate di ironia pura.

Gap generazionali

Quello di Kristina Grozeva e Petar Valchanov è peraltro l’ennesimo lungometraggio di questo 31° Trieste Film Festival, in cui è la sempre più precaria armonia del rapporto tra genitori e figli a essere posta in rilievo.

Il panorama è quello di una Bulgaria post-comunista dove, elemento caratterizzante del racconto prelevato di peso da recenti trasformazioni sociali, al crollo dell’ideologia comunista vissuta dalle vecchie generazioni quasi come una fede, si stanno sostituendo nuove fedi e nuove sub-culture non meno pericolose, nell’affidare le speranze della gente comune ai ciarlatani di turno.

E così accade che, alla morte della madre, un protagonista di mezza età si trovi ad affrontare, poi contenere gli attacchi di isteria e irrazionalismo dell’anziano padre, uomo dal temperamento egotico teso a inseguire improbabili piste soprannaturali, pur di non prendersi le proprie responsabilità ed accettare, interiormente, l accaduto.

Se da un alto il susseguirsi di eventi grotteschi è descritto con rara efficacia, raggiungendo punte di esilarante follia balcanica, ciò che conquista di un film come The Father – supportato anche da ottimi interpreti – è più che altro quella calibrata vocazione umanistica, quell’intelligenza di scrittura, per cui certe tendenze della società bulgara attuale vengono messe alla berlina senza che l’empatia del pubblico nei confronti dei personaggi principali venga meno.

Insomma, senza quelle forzature ravvisate in altri loro film, sostituite qui da variazioni di tono tali da incuriosire lo spettatore, ma in una cornice narrativa più coesa, penetrante, allusiva.

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