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31° Trieste Film Festival: The Euphoria of Being di Réka Szabó. Dall’Ungheria il miglior documentario in concorso

The Euphoria of Being dell’ungherese Réka Szabó, toccante viaggio nella memoria, conquista pubblico e critica

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Al 31 Trieste Film Festival, The Euphoria of Being dell’ungherese Réka Szabó, toccante viaggio nella memoria, che conquista pubblico e critica

Una pioggia di premi, per il documentario ungherese

Il festival triestino è sempre stato terreno fertile per il miglior cinema documentario proveniente dall’Europa centro-orientale. Quest’anno, poi, c’è stato un lavoro che, toccando corde profonde, ha saputo mettere d’accordo pubblico e critica.

Il Premio Alpe Adria Cinema al miglior documentario in concorso segnala infatti A LÉTEZÉS EUFÓRIÁJA (L’euforia dell’esistenza / The Euphoria of Being) dell’ungherese Réka Szabó, sulla straordinaria figura di Éva Fahidi, unica della sua famiglia ad aver fatto ritorno dal campo di sterminio di Auschwitz Birkenau, e oggi – settant’anni dopo – protagonista di una performance teatrale sulla sua vita.

Altre prestigiose giurie hanno notato il valore del film. Sicché è arrivato pure il Premio Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa al miglior documentario in concorso, con la seguente motivazione:

Perché riesce a farci apprezzare, in quest’epoca di disillusione e assenza di prospettive, la forza dell’esistere ed il presente come opportunità di riscatto attraverso la bellezza, la tenerezza e persino a mostrare il valore della fragilità.

Perché incarna nell’incontro tra una donna anziana e una giovane danzatrice professionista, la bellezza del contatto con l’altro, contro l’intento dei carnefici nazisti di annichilire il corpo e de-umanizzare la persona.

Perché è capace di rappresentare la forza del dialogo tra diverse generazioni mentre prevale nel nostro tempo la recriminazione e il risentimento.

Per l’originalità con cui affronta il tema dell’elaborazione della memoria mostrandoci le difficoltà del superamento del trauma ma anche la possibilità di conviverci, e forse anche di sublimarlo, godendo delle opportunità di felicità della propria esistenza.

E ci racconta la storia di chi è stata vittima di un sistema di morte trasformandola in protagonista della vita per mezzo dell’arte.”

Il valore della memoria

Può capitare, nei casi più fortunati, che la motivazione di una giuria valga già quanto una critica ben strutturata. Il caso potrebbe essere questo.

Ad ogni modo, ci piace sottolineare come a livello concettuale il film della magiara Réka Szabó sappia tessere una trama sottile, in cui un destino individuale e la memoria del Vecchio Continente dialogano di continuo, partendo da un dolore indicibile per approdare a un gesto catartico di rara pregnanza.

Questo dialogo avviene attraverso i corpi. Corpi coinvolti in un esperimento artistico che, nel sovrapporre le diverse età delle protagoniste, pare rappresentare i cerchi del tronco di un albero, ovvero un passaggio del tempo che ha travolto tante vite lasciando pur sempre una testimonianza, una residuale energia, un esempio di resilienza.

Corpi che sul palcoscenico si flettono in armonia, in perfetta simbiosi, come suggerito da una regista, la Szabó, che è anche direttrice di una delle più importanti compagnie di danza ungheresi, The Symptoms.

Lo spettacolo che tuttora l’anziana sopravvissuta ai campi di concentramento e la giovane ballerina portano in giro è, quindi, non soltanto lampo di bellezza nell’oscurità, ma ponte tra generazioni.

  • Anno: 2019
  • Durata: 84'
  • Genere: Documentario
  • Nazionalita: Ungheria
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