I clowns, un film-documentario per la televisione diretto da Federico Fellini nel 1970. Il film venne presentato il 30 Agosto alla 31ª edizione del Festival di Venezia. Venne distribuito in prima visione su Rai 1 il 25 dicembre 1970, in bianco e nero; due giorni dopo iniziò la distribuzione nelle sale cinematografiche nella sua versione originale a colori. Nel 1977 venne riedito in coppia con l’episodio di Tre passi nel delirio Toby Dammit, col titolo 2 Fellini 2; in questa versione la voce di Fellini è doppiata da Gigi Proietti. Sceneggiato da Federico Fellini e Bernardino Zapponi, con la fotografia di Dario Di Palma, il montaggio di Ruggero Mastroianni e le musiche di Nino Rota, I clowns è interpretato da Fanfulla, Tino Scotti, Riccardo Billi, Annie Fratellini, Pierre Etaix, Alvaro Vitali, Gigi Reder, Liana Orfei, Anita Ekberg, Giacomo Furia, Nino Terzo. Il film fu prodotto da Ugo Guerra ed Elio Scardamaglia.
Sinossi
Fellini segue alcuni clown e ricostruisce il magico mondo del circo a partire da quando, bambino, entrò per la prima volta sotto un tendone restandone affascinato. Alcuni personaggi della sua infanzia riminese sono a loro volta assimilabili a figure clownesche: la suora nana, il capostazione bersagliato dai lazzi degli studenti, i vetturini della stazione.Attraverso un viaggio nostalgico il regista propone tutti gli aspetti della vita di questi uomini buffi e malinconici allo stesso tempo.
L’atmosfera, a dispetto del tema, è vagamente mortuaria. Come nei romanzi dickensiani, Federico Fellini sceglie di non descrivere la realtà in quanto tale, ma di trasfigurarla attraverso gli occhi di un bambino. E come per il bambino, questi clown non fanno ridere. I visi stravolti, i trucchi pesanti, le smorfie diaboliche dei pur elegantissimi pagliacci bianchi non incutono gioia o divertimento, ma un misto di fascino e terrore che rimanda, nel ricordo, ai freaks reali che popolavano la Rimini dell’infanzia del regista. Il desiderio di ripercorrere quella strana fascinazione infantile, avviando un’inchiesta sul mondo dei clowns, porterà Fellini a confermare sostanzialmente la vaga sensazione di un tempo: il mondo dei clown è morto e lo stesso clown è in fondo il simbolo di un mondo funereo.
I pochi ricordi che ancora restano nelle case dei vecchi artisti di un tempo, nelle cineteche dal biancore “cimiteriale”, la triste vecchiaia dei superstiti e, soprattutto, il funerale pagano con cui si conclude il film, quasi un contraltare della vitalissima sfilata di 8 1/2, non fanno che corroborare questa impressione. Per paradosso, però, se il circo è un cimitero, la vita stessa, soprattutto se in salsa felliniana, assume via via le sembianze di uno spettacolo. E così le modalità del documentario, girato peraltro da una finta troupe, si fanno sempre meno serie e più circensi. La fantasticheria pervade tutta l’opera: dalle cantonate della segretaria d’edizione all’incontro con una ferina Anita Ekberg che si aggira tra le gabbie, in cerca di una pantera da comprare, al medico che calma un malato di mente mesmerizzandolo, ai tentativi fallimentari di visionare un film in casa di Annie Fratellini (la pellicola prima si rompe, poi si autodistrugge) e quelli non meno fausti nella sede della televisione francese (con le inservienti in uniforme nera che fumano in ambienti zeppi di celluloide), fino a vere e proprie gag (il giornalista serioso che chiede a Fellini quale sia il messaggio del film e, prima che questi possa rispondere, entrambi sono centrati da due secchi sulla testa). Il mondo intero è un circo e Fellini il suo cantore.