I soliti sospetti (The Usual Suspects) è un film del 1995 diretto da Bryan Singer. Il film ebbe un grande successo di critica, che permise alla pellicola di consolidarsi, col passare degli anni, come un vero e proprio cult movie. Vincitore di due Premi Oscar nel 1996, tra cui per la miglior sceneggiatura originale, è considerato uno dei migliori film nel suo genere, in virtù dell’intreccio della trama e dell’imprevedibilità degli eventi che la caratterizzano, oltre al clamoroso colpo di scena finale, per il quale è stato giudicato tra i più belli in assoluto. È stato presentato fuori concorso al 48º Festival di Cannes. Il film è stato girato prevalentemente in California tra il 13 giugno e il 29 luglio 1994. Il budget è stato di circa 6 milioni di dollari con incassi al botteghino Usa di oltre 23 milioni. Con Kevin Spacey, Gabriel Byrne, Chazz Palminteri, Pete Postlethwaite.
Sinossi
San Pedro, ieri notte: sul ponte di un mercantile uno sconosciuto uccide un ex poliziotto corrotto. New York, sei settimane fa: in una stazione di polizia cinque uomini sono allineati per un confronto all’americana. San Pedro, oggi: cinque cadaveri carbonizzati sono allineati sul ponte di una nave. All’agente speciale Kujan tocca l’incarico di dipanare l’intricata matassa delle mezze frasi dell’unico superstite della nave. Questi spiega al poliziotto come tutto sia cominciato sei settimane prima: quando cioè i cinque sospettati della centrale di New York furono trascinati nella trappola tesa da un enigmatico genio del crimine, l’inafferrabile Kaiser Soze, di cui nessuno conosce l’identità.
I soliti sospetti ha una struttura a incastro imbastita su una sceneggiatura a orologeria, oliata in ogni suo minimo ingranaggio al fine di produrre un coinvolgimento di assoluto livello all’interno di una vicenda gialla-poliziesca in cui colpi di scena e inaspettati tradimenti sono dietro l’angolo in ogni momento, rivelatorio epilogo incluso. Proprio il finale spinge a una seconda visione del film per cercare di scorgere i dettagli instradanti sulla reale successione degli eventi e sulla fantomatica identità di Keyser Söze, vero e proprio enigma incarnante la figura di un diavolo terreno che giostra a suo piacimento il destino dei personaggi.
Bryan Singer sfrutta con lucida coesione l’illuminante sceneggiatura di Christopher McQuarrie (non a caso vincitore del relativo Oscar, così come Kevin Spacey quello per miglior attore non protagonista) e dà vita ad una messa in scena organica giocata sui dettagli e sulle false piste, citante, nelle parole dello stesso regista, lo schema inaugurato da Rashomon (1950), qui adattato a un contesto noir in cui sfruttare le peculiarità dei diversi protagonisti. I soliti sospetti mette in scena un racconto che si muove attraverso il resoconto di Verbal Kint, unico sopravvissuto della banda, che sin dai primi minuti inizia a raccontare la propria versione dei fatti durante un interrogatorio informale, alternando presente filmico e flashback in una raffinata ed equilibrata dicotomia narrativa in cui l’inganno è perpetrato attraverso un realismo affabulatorio che spreme l’acume dello spettatore attraverso fitti dialoghi, nei quali tentare di distinguere la realtà dalla menzogna.