“Sorridi e il mondo sorriderà con te. Piangi e piangerai da solo”. Solitudine, crudeltà, vergogna, violenza e Vendetta. Il regista coreano Park Chan-wook con la sua “Trilogia della Vendetta” (Mr. Vendetta, Old boy, Lady Vendetta) ha provato a rappresentare uno dei temi più popolari e al tempo stesso ignoto e ricco di sfumature. Dall’antichità ad oggi. “Per me la Vendetta è il soggetto più drammatico del mondo. Abbiamo più rabbia con il passato, ma viviamo in un mondo in cui non c’è permesso manifestarla”, ha ricordato più volte lo stesso regista. Insomma, una visione fatalista del mondo che con il suo cinema viene rappresentata come, forse, nessuno ha mai saputo fare. Nella concezione cristiana, ricorda Nietzsche, lo “Spirito della Vendetta” è l’unico modo per espiare, redimere il proprio passato. L’uomo è impossibilitato nel poter trasformare il “così fu” e per questo motivo crea lo “Spirito della Vendetta”. E questo l’ha ben capito Park Chan-wook, laureato in filosofia, appassionato di Dostoevskij, dei film di Hitchcock, di Kurosawa e dei b-movies americani. Nella sua trilogia, infatti, non c’è solo cultura orientale. Anzi. “Sei un bravo ragazzo, ma devo ucciderti. E sai perché? Perché non riesco a perdonarti”. Questo è solo uno dei tanti punti di partenza per innescare lo “Spirito della Vendetta” nei film di Chan-wook. “La vendetta fa bene alla salute, ma appena ti sei vendicato il dolore tornerà a cercarti”, perché “sia un granello di sabbia che una roccia nell’acqua affondano allo stesso modo”. E allora non restano che la vergogna, la solitudine e la mancanza di senso dell’esistenza. In Mr. Vendetta (2002), il primo capitolo della trilogia, il regista coreano comincia con il momento più drammatico della storia. Qui la Vendetta è vista con tutta la sua carica negativa e dispensatrice di morte. Sangue, Vendetta e ancora Vendetta. Musiche che sembrano venire da lontano, corpi aperti e sangue a fiumi, quasi a livelli parossistici. Ryu è un ragazzo sordomuto che, dopo essere stato truffato da alcuni trafficanti di organi, rapisce la figlia del suo capo per ottenere un riscatto e pagare il trapianto della sorella gravemente malata. Ma le cose non vanno come previsto. La bambina muore annegata mentre Ryu seppellisce la sua ragazza. Ora, però, la Vendetta spetta al padre della bambina, Park Dong-jin. Sono anime solitarie private dei propri cari che cercano di liberare la propria rabbia attraverso la Vendetta. Ma, come si dice, la Vendetta è un piatto che si serve freddo. Con Old boy (2003), il secondo capitolo, il tema sembra spostarsi più sui binari della Salvezza, della Vendetta come unico modo per poter salvare la propria esistenza. Un uomo viene chiuso per quindici anni in una stanza, senza un apparente motivo. E per quindici anni cerca di capire e di elencare tutti i suoi peccati. Ma, dopo 15 anni, viene rilasciato. È libero finalmente. Ora non resta che vendicarsi. Quindici anni di allenamento immaginario e ora è il momento di scoprire la verità. Quella vera. In Lady vendetta (2005), il capitolo conclusivo, a vendicarsi è una donna angelica dagli occhi limpidi, ma con uno sguardo spietato e un ombretto rosso “per sembrare meno buona”. È il simbolo di una rabbia più moderata, elegante e delicata. La Vendetta, così, assomiglia ad un atto di redenzione (nella scena finale la neve è il simbolo della purificazione dal peccato). Dopo tredici anni esce di prigione: ”La prigione è un posto ideale per imparare a pregare. Qui non possiamo fingere, sappiamo di essere tutti peccatori”. Ora vuole vendicarsi per essere stato accusata di una colpa che non ha mai commesso. Il responsabile è il un suo insegnante che frequentava quando andava a scuola. Si tratta di un killer pedofilo che ora vuole punire nel modo peggiore, facendolo uccidere da tutti i genitori delle vittime, perché “ognuno in questo mondo viene messo di fronte alla morte”. La Lucky Red ha curato nel dettaglio l’intera trilogia. L’audio e il video sono ottimi e non risentono della compressione. Tra gli extra: backstage, interviste, special, commenti audio e tant’altro.
Giacomo Ioannisci