Film da Vedere

Basta che funzioni di Woody Allen

Dialoghi smaglianti e incendiari, situazioni proposte a lungo ma sempre con una vivissima dinamica cinematografica interna: la miracolosa aria di Manhattan resuscita Woody Allen, che dà sfogo al suo pensiero critico, puntando il dito sulla stupidità del mondo, non senza una buona dose di autoironia

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Basta che funzioni (Whatever Works), un film del 2009 scritto e diretto da Woody Allen.

Il film è stato girato a New York, segnando il ritorno di Woody Allen nella sua città natale dopo quattro film girati in Europa, tre a Londra (Match PointScoop e Sogni e delitti) ed uno a Barcellona (Vicky Cristina Barcelona). Protagonista del film è un alter ego di Allen, Larry David, star della serie televisiva Curb Your Enthusiasm e co-creatore della serie Seinfeld

Il film era stato scritto da Allen verso la fine degli anni Settanta e il protagonista Boris Yellnikoff, ruolo infine impersonificato da Larry David, era stato scritto e ideato per venir interpretato da Zero Mostel, che tuttavia morì nel 1977, l’anno di uscita di Io e Annie, prima che il progetto potesse realizzarsi, e portando Allen a “congelare” di fatto il film per oltre 30 anni.

Basta che funzioni è stato presentato in anteprima al Tribeca Film Festival il 22 Aprile 2009, nelle sale cinematografiche statunitensi è stato distribuito il 19 Giugno, uscendo poi in Italia il 18 Settembre. Con Larry David, Evan Rachel Wood, Henry Cavill, Patricia Clarkson, Kristen Johnston.

Sinossi
Un uomo eccentrico, nevrotico e già in là con gli anni (Larry David) intreccia una serie di storie d’amore, ma finisce per legarsi a una giovane del Sud degli Stati Uniti, estremamente naïve (Evan Rachel Wood).

 

Dialoghi smaglianti e incendiari, situazioni proposte a lungo ma sempre con una vivissima dinamica cinematografica interna; con la conseguenza che i ritmi, oltre che fluidi, sono quasi aggressivi, non concedendoci altre pause al di fuori dei pepatissimi commenti di quel protagonista verso di noi, con il gusto di farsi avanti da un proscenio. Regge splendidamente quei commenti, e tutte le sfumature del personaggio, un attore come Larry David, degno ad ogni svolta, della sua fama di attore comico di prim’ordine. Il ritorno a New York giova a Woody Allen, che ne sa rendere le strade meglio che i panorami di Barcellona. Inoltre le psicologie degli ebrei di Brooklyn gli riescono più che quelle dei seduttori catalani. E soprattutto fa piacere vedere che Allen s’è liberato (o viceversa) di Scarlett Johansson, trovandone un alter ego nella Wood, così brillante nel mostrare l’«intelligenza di un’ostrica». Allen non è più Allen, ma un alter ego tremendamente simile a lui e irrimediabilmente “alter”, un fisico (mestiere inimmaginabile per l’irriducibile umanista degli anni ’70) di nome Boris Yellnikoff, ebreo americano misantropo, sprezzante, logorroico e fisiognomicamente marcato come il suo modello, ma più disinvolto e sbruffone. Insolitamente impavido (a parte l’ipocondria), il nuovo vecchio Allen è cinico a più non posso (ne ha per tutti: dai neri ai gay, dagli intellettuali a Dio, “il grande Arredatore”), divertente come al solito ma sprovvisto della poesia di un tempo (e anche Manhattan, dove è tornato a girare dopo diversi anni, appare più anonima), forse anche un po’ di maniera quando si auto-cita e strizza l’occhio alle sue ossessioni. La storia dell’ultimo film – come la drammaturgia, e la messa in scena – è nulla, non serve neanche. Per chiudere, forse per iniziare, un nuovo capitolo della sua personale storia, ad Allen non serve altro: un pubblico, un monologo e un altro da sé. Per ricordarci com’era, prima che qualcun altro, più disilluso e meno gigione, ne prendesse il posto.

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