Il cinema di Claudia Brignone
Non è la prima volta che su Taxi Drivers ci si occupa del cinema di Claudia Brignone.
Ecco cosa si era trovato a scrivere il sottoscritto, nel 2015, a proposito di un altro documentario dall’impronta sociale sincera e ben marcata, La malattia del desiderio: “Nell’anno che purtroppo ha visto scomparire Claudio Caligari, autore di un film epocale come Amore tossico, al Genova Film Festival è passato in concorso un documentario dove l’universo della tossicodipendenza viene esplorato con schiettezza, sensibilità, vicinanza umana ai protagonisti, siano essi pazienti, infermieri o dottori schierati in quella specie di avamposto che è il Ser.T (servizio per le tossicodipendenze): nella fattispecie quello di Fuorigrotta, posto accanto allo stadio San Paolo e probabilmente tra i più difficili da gestire, nell’area di Napoli.”
Uno sguardo sul sociale che parte da lontano
La vocazione a esplorare il territorio puntando i riflettori su problematiche vive, anche piuttosto serie, ma senza concessioni a un compatimento fine a se stesso o a pesantezze gratuite, recuperando anzi il vitalismo residuale dei tanti soggetti in difficoltà incrociati durante il cammino, è di sicuro tra i tratti più positivi dei lavori realizzati finora dall’energica cineasta campana.
Ce ne eravamo accorti sin da questo primigenio contatto, avvenuto nel corso di quel festival ligure che agli indipendenti presta attenzione da sempre.
Ed è in un altro contesto festivaliero che ha avuto luogo l’anteprima del nuovo lavoro, La villa, ugualmente in grado di toccarci il cuore col suo approccio schietto e non superficiale a determinate realtà: il film è stato infatti presentato una prima volta nei giorni della Festa del Cinema, ad Alice nella Città, sapientemente collocato tra gli eventi speciali di Panorama Italia.
La reazione del pubblico, al termine della proiezione, era stata di profondo coinvolgimento emotivo. Non così diversa la nostra, se a distanza di tante settimane sentiamo ancora il bisogno di parlarne…
Con le Vele all’orizzonte
Trasferire sullo schermo Scampia e i suoi problemi può anche condurre verso qualche visione stereotipata, verso qualche luogo comune. Esattamente il contrario di ciò che ha fatto, con la sua sensibilità, Claudia Brignone.
Prevale innanzitutto il senso della scoperta. Ambientale e antropologica. Se degrado e azioni malavitose hanno quasi sempre rappresentato il biglietto da visita cinematografico di questa parte di Napoli, il suo codice interpretativo primario, la regista campana ha voluto mostrarci invece il rovescio della medaglia.
Si è cioè calata in un contesto complessivamente positivo, “La Villa Comunale”, quell’immenso giardino pubblico creato anche per offrire alla popolazione una possibilità differente, uno spazio di aggregazione che conceda margini di manovra a chiunque voglia agire in modo costruttivo.
E sono tanti, più di quanti uno sarebbe portato ad immaginare, coloro che continuano a trarne beneficio.
Ne deriva uno sguardo pieno di grazia. I più disparati utenti della Villa si svelano di fronte alla videocamera, producendo un quadro che pulsa di vita: dallo “scugnizzo” fissato con gli animali a coloro che si prendono cura delle piante, dagli adolescenti che si confrontano a viso aperto su questioni camorristiche alla banda musicale chiamata in occasioni importanti, sono davvero numerose le epifanie degne di nota.
Si afferma a tratti una tenerezza, che non nega però le asperità di una quotidianità comunque precaria, difficile, come le incursioni vandaliche nel giardino e quella profonda inquietudine relegata fuori campo, assieme alle sirene della polizia, esemplificano bene.
Insomma, si è consapevoli di stare su una linea di frontiera. Ma è ad ogni modo, saggiamente, una nota di speranza dal forte retroterra umanistico, ciò che l’autrice ha saputo donarci.