Abel Ferrara al XVIII Festival del Cinema di Porretta Terme per ricevere il Premio alla carriera
Con generosità, Abel Ferrara accoglie qualsiasi tipo di domanda. Si percepisce subito che ha una velocissima ideazione di pensiero, un’originalità e un’intelligenza che gli permettono di trasformare le parole in immagini, mentre ci regala un viaggio nelle atmosfere e le sensazioni del suo cinema
Incontriamo Abel Ferrara al FCP – Festival del Cinema di Porretta Terme in due diverse occasioni; la prima alla Masterclass che si è svolta al Kursaal di Porretta Terme, la seconda in uno scenografico salone di un Hotel della cittadina termale.
Al Festival sono stati proiettati otto suoi film, fra cui Searching for Padre Pio, The Projectionist e Tommaso, dove racconta se stesso attraverso Willem Dafoe, il suo artista preferito, con il nome dell’amico scomparso, Tommaso Borgstrom, e dove recitano la moglie Cristina e la figlia Anna, presentato Fuori Concorso a Cannes 2019 e proiettato a Porretta Terme in seconda visione.
Nel film che si connota di una spontaneità disarmante, della quale abbiamo un grande bisogno, il cineasta italo-americano racconta il percorso di un individuo che cerca una possibile aderenza ai propri ruoli di regista, marito, padre e uomo. Nella splendida prima sequenza dell’opera ci mostra una panoramica in discesa e mette a fuoco le finestre interne di un palazzo, poi scende fino alla porta d’ingresso aperta dal protagonista, Willem Dafoe, che dopo aver attraversato uno spazio quasi totalmente buio arriva alla luce.
Dal buio alla luce: una meravigliosa capacità registica
Già da questa sola scena si comprende la grande capacità di usare la macchina da presa del maestro, che è stato testimonial dell’edizione 2019 dove gli è stato conferito il Premio alla Carriera. Durante la Masterclass, Abel Ferrara, con semplicità e originalità, ha iniziato subito a dirigere il set e, nonostante il palcoscenico fosse stato preparato per accoglierlo insieme agli intervistatori – Andrea Morini, responsabile della programmazione del Lumière, Gabriele Veggetti e Laura Ceretto -,decide di stare alla nostra altezza, modificare la posizione delle luci puntate su di lui per scegliere dove e come spostarsi.
Con generosità accoglie qualsiasi tipo di domanda. Da quelle più professionali a quelle più personali. Si percepisce subito che ha una velocissima ideazione di pensiero, un’originalità e un’intelligenza che gli permettono di trasformare le parole in immagini, mentre ci regala un viaggio nel passato, nel presente e nel futuro per rivivere le atmosfere e le sensazioni del suo cinema.
Con Abel la moglie Cristina e la figlia Anna di 5 anni
In platea la moglie Cristina Chiriac e la figlia, la piccola Anna di 5 anni. A chi gli chiede come si diventa registi, cita inevitabilmente Pier Paolo Pasolini, un intellettuale da lui molto apprezzato, al quale nel 2014 ha dedicato il film presentato alla 71esima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia e al Toronto Film Festival. Ci dice che PPP, ovvero il versatile cineasta bolognese trapianto a Roma, che per Abel è stato una grande fonte di ispirazione, soprattutto per essere sempre stato un uomo libero, sosteneva che dopo un’ora di macchina da presa si è già registi. Non per tutti e non sempre è così, ma basta certo poco tempo per individuare se si ha la stoffa per questo mestiere che in ogni caso si impara facendo.
Abel schietto, diretto, sincero come il suo Tommaso, ci racconta di aver scelto Roma come residenza italiana: vive in via Merulana, nella città eterna che rappresenta la capitale del teatro e del cinema italiano, con la moglie e la figlioletta, come un tempo ha vissuto nel Bronx che era la sua Napoli; infatti è cresciuto con il cibo, la vita e la cultura delle tradizioni napoletane. Ma, nonostante questa familiarità con la città partenopea, non dimentica mai la zuppa di Sarno, il paese dove hanno vissuto i suoi nonni prima di trasferirsi in America per cercare nuove realtà e nuove possibilità. Sta finendo di girare un nuovo film, che intende presentare al Festival di Berlino, con il titolo Siberia.
Padre Pio in cantiere per un nuovo film
Parla poi del prossimo progetto dedicato a Padre Pio, una figura che lo affascina, nonostante lui si sia convertito al Buddismo. Ci parla del documentario realizzato su questa carismatica figura di santo e, come fa con Pasolini, lo definisce un essere umano complesso, intenso, simbolo per l’Italia e per il mondo di fede. Inoltre il Padre di Pietrelcina è nato lo stesso anno di suo nonno e in un paese vicino al suo. Il discorso cade sulla fede, sulla vita, sulla figura del santo, definito controverso, ma il regista riporta l’attenzione all’interiorità del personaggio, alla sua fede nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale e al momento in cui ricevette le stigmate, che coincise con uno dei più importanti scontri fra destra e sinistra. Ferrara sorride e aggiunge che Padre Pio è uno dei pochi uomini di Chiesa che non ha fatto parlare di sé per scandali legati alla sessualità. Certo era bello e le donne lo ammiravano, ma lui non si è mai lasciato sedurre da questi aspetti.
C’è spazio anche per parlare di Trump e della politica, il regista sostiene che messaggi negativi generano negatività e che c’è un grande bisogno di karma potenti e positivi in un momento storico tanto complesso come il nostro. Poi ci anticipa il desiderio di realizzare un documentario sulle prossime elezioni politiche. Tanti progetti, tanta vita e ancora tanto da dire per il regista, che ha saputo filmare l’inquietudine senza retorica e con la voglia e la capacità di rimettersi sempre in gioco.
Abel canta per noi al pianoforte
Il giorno dopo, al mattino, troviamo Abel dentro uno scorcio prospettico da grande cinema, in un meraviglioso salone affacciato sulla via principale di Porretta, dove sagome in metallo ricordano le sculture di Rotraut, moglie dell’artista del blu Ives Klein, che con colori monocromi e con forme di pura sintesi intendeva rappresentare stati d’animo semplici che ben si sposano con quanto il regista sostiene di apprezzare nelle persone. Pasolini, Padre Pio, Willem Dafoe, Nino D’Angelo, ci appaiono sotto questa luce.
Ognuno diverso dall’altro, ognuno con ruoli agli antipodi, ma accomunati dalla semplicità. In un angolo del salone un pianoforte con uno sgabello dove il maestro ogni tanto si siede per suonare e cantare.
L’integrazione fra i popoli
Ferrara parla di Piazza Vittorio, uno dei suoi documentari sull’integrazione fra i popoli: il linguaggio attraverso il quale riprende le persone ricorda l’espressionismo tedesco, con una poetica che gli è propria. Graffiti, fantastiche riprese, primi piani per raccontare una delle piazze più antiche di Roma. Scrive Luca Biscontini nel numero di Taxi Drivers del 20 settembre 2018: “Abel Ferrara dimostra ancora una volta un’onestà, un piglio e un tocco poetico notevoli. Senza scadere nella retorica prevedibile dell’elogio indiscriminato del multiculturalismo, il regista si aggira con lucidità e spirito critico in una delle zone della capitale che, più di tutte, ha vissuto negli ultimi venti-trenta anni una mutazione antropologica incredibile, senza precedenti”.
Il regista aggiunge che spesso ci chiediamo cosa fanno queste persone che vagano per la piazza, passando le giornate nell’apparente inedia, ma per molti di loro questa è una grande conquista perché sono passati dal sentire passare bombe sopra alla testa, o accanto, a una realtà che per quanto non sia ottimale permette almeno di essere ancora vivi.
Quando gli chiediamo come fa a dotare le sue opere, anche le più scabrose, di grande poetica, risponde che questo è un talento personale, ma che è importantissimo circondarsi di persone che siano all’altezza dei compiti assegnati loro e creare un team di collaboratori validi. Fotografi, macchinisti, musicisti e, non ultimi, gli attori.
E qui è inevitabile pensare che Willem Dafoe oltre ad essere un grande attore è stato anche il protagonista de L’ultima tentazione di Cristo di Martin Scorsese, con cui il regista scandalizzò il mondo, ma dove l’intensa recitazione in bilico fra sacro e profano rimane indimenticabile nella storia del cinema. Il Maestro ci saluta regalandoci un pezzo suonato e cantato al pianoforte.