Recensione corto L’urlo
-Noi le chiediamo perché si comporta così?
-Perché sono un uomo
Remake dell’omonimo cortometraggio del 1966 diretto da Camillo Barzoni e prodotto da Vittorio Storaro, L’urlo è uno sguardo glaciale su un futuro lontano. In una società completamente automatizzata, gli esseri umani si muovono per le strade trascinati in una massa informe e depersonalizzata. Mascherine anti-virus, sguardo assente, passo robotizzato. Banditi i sentimenti e tutto ciò che possa provocare un’emozione o un sentimento personale. Solo Paolo, il protagonista, sembra distanziarsi da quell’incedere anonimo e procede tra la folla visibilmente turbato da ciò che lo circonda. Ascolta musica, legge libri di Neruda e prova anche sentimenti per una donna.
Il suo senso di pietà è una grave mancanza. Ciò è inammissibile.
Intercettato da chi controlla che ogni cosa sia perfettamente contenuto, viene arrestato e condannato a perdere la sua unicità. Di chiara radice orwelliana, il corto di Francesco Barilli contiene tematiche distopiche che richiamano fortemente 1984 o Philip Dick e molta altra cinematografia fantapolitica degli ultimi anni. Barilli riprende molto del corto originale e lo attualizza con riferimento alle moderne tecnologie. Pur non raggiungendo il buon livello del primo, rimane comunque l’efficacia di un messaggio assolutamente attuale.