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La scuola è finita (Festival di Roma 2010)

“Valerio Jalongo, giunto al suo quarto film, vorrebbe fare il funerale definitivo all’istituzione scolastica italiana, ma la sceneggiatura, la messa in scena e il ritmo narrativo sono assai prevedibili e, soprattutto, inefficaci a promuovere una riflessione capace di restituire un ritratto che sia credibile”.

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Tutti ricordiamo quel divertente e, al tempo stesso, incisivo film che fu La scuola, diretto da Daniele Luchetti. Dopo il recente trionfo al festival di Cannes, il regista, nato come assistente di Nanni Moretti, veste, stavolta, i panni di co-sceneggiatore, ma i risultati sono assai deludenti.

Valerio Jalongo, giunto al suo quarto film, vorrebbe fare il funerale definitivo all’istituzione scolastica italiana, ma la sceneggiatura, la messa in scena e il ritmo narrativo sono assai prevedibili e, soprattutto, inefficaci a promuovere una riflessione (non vogliamo dire esaustiva, vista la complessità del tema) capace di restituire un ritratto che sia credibile.

Abbiamo il solito ragazzo complicato, con una situazione familiare non facile, e due insegnanti (Valeria Golino, Vincenzo Amato), legati da un matrimonio ormai agli sgoccioli, che cercano, in maniera scomposta, di aiutarlo. È chiara la struttura del ragionamento posto da Jalongo: la nuova generazione di docenti vive una crisi umana e di valori tale da non riuscire a costituire una solida base formativa per adolescenti naturalmente inquieti. Anche se mossi dalle migliori intenzioni, i due professori si producono in azioni estemporanee, strampalate, scoordinate, e il risultato è un peggioramento dello stato di cose che si voleva migliorare, perciò l’epilogo più che tragico, appare tragicomico: ma questo è l’adagio del post-moderno, e ormai ce ne siamo fatti una ragione.

Si, la fase attuale è davvero difficile, ma fare i funerali non serve davvero a nessuno, tant’è che, invece che a un lutto, pare di assistere a una parata da circo che si conclude in beffa.

È vero, non si possono fare proclami di speranza senza una piattaforma credibile, ma, forse, e questa è una formula valida per tutte le contraddizioni che contraddistinguono  la contemporaneità, cosa buona e giusta sarebbe intavolare una sessione di riflessione a tempo indeterminato, senza cedere a inutili nichilismi. Insomma, bisogna preparare il terreno per l’azione di domani.

Luca Biscontini

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