L’interessante Weightlifter di Dmytro Sukholytkyy-Sobchuk.
Dmytro Sukholytkyy-Sobchuk, nome che può suonare quasi come uno scioglilingua, almeno qui in Italia. Ma teniamolo da conto, perché è lui il regista di uno dei cortometraggi più interessanti scoperti grazie al Focus Ucraina programmato di recente al RIFF. Assieme probabilmente allo sperimentale e in assoluto sorprendente Desaturated di Marina Stepanka.
Per quanto concerne invece Weightlifter (Shtangist in originale), il corto dell’ucraino dal nome tanto difficile, ciò che colpisce è innanzitutto la scelta di collocare la storia in un ambiente finora poco valorizzato sul grande schermo, quello del sollevamento pesi. Uno sport faticoso, uno sport di sacrificio, uno sport con scarsa o nulla visibilità mediatica.
Ma anche al di là della valenza metaforica di tale scelta, gare ed allenamenti (pur filmati con gli accorgimenti giusti) appaiono qui propedeutici all’esplorazione dello stile di vita e della sfera interiore di un personaggio spigoloso, taciturno, a tratti respingente.
Un breve lavoro di notevole impatto
Drammaturgia scarna ma tesa e di notevole impatto, quella di Weightlifter, breve lavoro cinematografico che si accosta sornione al prolifico filone del film sportivo per prendere poi direzioni inaspettate.
Ad emergere è innanzitutto il carattere introspettivo e irrisolto del protagonista: un qualcosa che viene espresso anche attraverso sequenze, vedi quella così straniante girata al bagno turco, in un tripudio di corpi maschili imbambolati e circondati da caldi vapori, dalle quali trapela una sorta di umorismo raggelato. Non così dissimile, volendo, da quello di un Kaurismäki o ancor più di un Roy Andersson.
Ma è soprattutto la crisi incombente nel rapporto tra lui e la compagna, un rapporto fatto di incomprensioni reciproche, a rendere l’aria pesante, spingendo la narrazione verso soluzioni sempre più solipsistiche, crude (ne è un esempio l’atteggiamento cinico e brutale dello sportivo, nei confronti dell’animaletto di casa), man mano che ci si avvicina all’epilogo.
Focus Ucraina
Una menzione la merita anche, all’interno di questa pattuglia di corti realizzati in Ucraina e selezionati per l’occasione da Nadia Zavarova, Sensiz dell’emergente Nariman Aliev, già approdato al lungo e a vetrine importanti come Cannes.
In primis perché l’autore, in quanto tartaro di Crimea, è originario di un territorio dalla composizione etnica particolare nonché soggetto a tensioni geopolitiche di vecchia data. E poi perché, al netto di una prolissità di fondo che a tratti si fa sentire, questo road movie intimista in cui due fratelli sono costretti ad abbandonare la macchina, proseguendo poi a piedi un viaggio importante per la propria famiglia, riesce tramite atmosfere di una spiccata intensità a suggerire qualcosa delle tipologie umane e dei luoghi attraversati.