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Italian Film Festival Berlin: intervista al direttore della manifestazione, Mauro Morucci

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Volevo partire da una considerazione e cioè che in Germania, e in questo caso a Berlino, c’è molta voglia di Italia e mi riferisco al vostro festival, ma anche alla prossima Berlinale diretta da Carlo Chatrian. Mi interessava sapere il vostro punto di vista.

L’Italian Film Festival Berlin è organizzato dal Tuscia Film Festival, che da 15 anni presentiamo a Viterbo. Ti dico questo per sottolineare che sette anni fa siamo partiti in sordina e la prima cosa di cui ci siamo accorti è stata la grande risposta rispetto a un’iniziativa ancora poco pubblicizzata. Al di là delle contrapposizioni create un po’ ad arte dai media, mi pare che l’Italia sia molto apprezzata dai tedeschi, come dimostra il grande riscontro avuto dalla nostra manifestazione.

Prima di entrare nel merito della vostra proposta, ti chiedo da osservatore interessato qual è la qualità del nostro cinema che piace di più al vostro pubblico?

In Germania il discorso dello star system funziona meno che da noi.  Certo, esistono dei personaggi molti noti anche lì, come per esempio Terence Hill, ma in generale la presenza dei nostri attori non suscita lo stesso entusiasmo che in  Italia. Da un certo punto di vista questo facilita il nostro compito perché ci offre l’opportunità di mettere al centro e di valorizzare i film, cosa per cui è nato il festival. Nel proporre opere italiane ho constatato come i migliori apprezzamenti vadano ai titoli più impegnati, mentre le commedie non sono apprezzate come succede da noi. Quindi, ben vengano i film di grandi autori o anche sconosciuti, ma con tematiche sociali.

La sesta edizione dell’Italian Film Festival Berlin si è appena conclusa. Quali erano gli obiettivi di partenza quando avete iniziato e oggi a che punto siete?

L’obiettivo è quello di promuovere il cinema contemporaneo, inteso come film usciti in Italia nei dodici mesi precedenti. Ovviamente, con l’intento di aumentare la visibilità internazionale del nostro cinema, e dunque cercando di incrementare il numero di frequentatori tedeschi e internazionali. Ciò che constato è che ci potrebbe essere una maggiore distribuzione. Da questo punto di vista, quest’anno è stato fatto un esperimento con ANICA, creando due business days in cui nel primo giorno alcuni esercenti internazionali italiani hanno illustrato progetti già conclusi o work in progress, mentre il secondo è stato dedicato agli incontri con i produttori, in cui si è discusso di progetti da sviluppare in coproduzione. Da anni pensavamo di realizzare un evento collaterale, senza però averne le forze e il know how. L’inserimento di ANICA è stato molto utile perché si è svolto nell’ambito di una piattaforma già esistente e, dunque, per una volta si è riusciti a non disperdere energie  ma anzi a convogliarle nella stessa direzione, ognuno con le proprie competenze. La cosa positiva è stata la collaborazione tra noi e le varie istituzioni italiane presenti in loco, come l’Istituto italiano di cultura, l’Ambasciata, oltreché l’ANICA. Siamo stati tutti complementari e credo contenti del rapporto che si è creato.

Più volte si è constatato come la mancanza di supporto da parte delle istituzioni preposte abbia penalizzato la diffusione all’estero del nostro cinema. Il mancato ingresso nelle cinquine dell’Oscar per il miglior film straniero di opere a dir poco eccellenti è solo uno degli esempi che si potrebbe fare. Il vostro potrebbe essere un piccolo-grande laboratorio da cui partire per invertire la tendenza.

Si, perché alla fine, oltre a essere un’arte il cinema è anche industria e dunque è importante supportarlo perché puoi fare anche dei film bellissimi ma se non riesci a esportarli viene a mancare quello che è l’obiettivo del cineasta e cioè che il suo lavoro venga visto da più persone possibili. La potenzialità di un’iniziativa come la nostra è che partendo dal cinema il festival può diventare un veicolo per la produzione artistica italiana a 360 gradi. Se hai visto il programma, da tre anni a questa parte alla selezione cinematografica abbiniamo il concerto di un artista italiano.

Venendo alla selezione, mi pare che le scelte siano andate a favore di un cinema d’autore declinato secondo le forme del genere, quindi su film di qualità che però hanno voglia di dialogare con il pubblico, riguadagnandone il favore perduto.

Dei sette film, due avevano già un distributore in Germania. Ovviamente, noi cerchiamo di dare un’immagine di quello che è stato il cinema italiano dell’ultimo anno. Di conseguenza, può capitare che tra questi c’è ne sia uno come Il traditore, già in procinto di essere distribuito e però da noi messo in programma per la sua grande importanza. Poi, però, selezioniamo dei film che non hanno ancora trovato mercato e che secondo noi meriterebbero di averlo, cercando di premiare quelle operazioni che riteniamo valide. Penso per esempio a Il Primo Re, che oltre ad essermi piaciuto ritengo sia una di quei progetti che andrebbero sostenuti a prescindere, perché è un tentativo di proporre qualcosa di diverso e di cui – secondo me – si sente il bisogno.

Si tratta di film capaci di far riflettere e nello stesso tempo di intrattenere: parlo de Il campione di Leonardo D’Agostini o L’uomo che comprò la luna di Zucca.

L’uomo che comprò la luna lo conoscevo e ne ero rimasto particolarmente sorpreso. Non abbiamo dei veri e propri feedback ma assistendo alla proiezione del film ho visto gli spettatori divertirsi molto. Grazie alla città che è grande e internazionale, come pure all’Italia e il suo cinema, peraltro molto considerato, un’iniziativa come quella dell’Italian Film Festival Berlin può diventare una vetrina per la cultura italiana. A questo proposito, per il prossimo anno vorremmo aumentare il numero degli eventi collaterali, aggiungendo al concerto e alla lezione all’Università – tenuta quest’anno da Marco Muller – incontri con artisti legati in qualche modo al cinema, come potrebbe esserlo  per esempio, uno scrittore.

La vittoria di Santiago, Italia premia da una parte Moretti, vera e propria icona del nostro cinema, dall’altro un genere come il documentario che da anni rappresenta l’avanguardia del nostro movimento e fucina di nuovi talenti.

Non posso dirti l’esatta classifica, ma la vittoria di Moretti è stata di alcuni decimali ed è comunque significativa. Conoscendo il gusto del pubblico, mi aspettavo che Santiago, Italia avesse i requisiti per interessare il nostro pubblico, come d’altronde è capitato per gli altri film. Poi dopo, è chiaro, diventa un’operazione matematica, si contano i voti e ne vince uno solo. Però quello di Moretti ha tutte le caratteristiche per conquistare l’attenzione dello spettatore berlinese, sia quello italiano che quello tedesco.

Parlando di eventi collaterali, mi piace soffermarmi su quello che interessa Alba e Alice Rohrwacher, le quali meglio non potrebbero rappresentare il cinema italiano che riesce a farsi apprezzare al di fuori dei nostri confini.

Si tratta di un evento collaterale che però da continuità al festival. Con l’Istituto italiano di Cultura da sempre cerchiamo di dare spazio a personalità del nostro cinema. Da quattro anni, insieme al professor Retani che dell’Istituto è stato direttore fino a due mesi fa, abbiamo deciso di unire le forze anziché disperderle: da qui l’idea di una retrospettiva su una personalità del cinema italiano da proporre a ridosso del festival. Così, dopo Servillo e Verdone, abbiamo deciso di proporre Alba e Alice Rohrwacher. L’idea è quello di presentare i loro film in tre cinema di diversi quartieri di Berlino, ancora una volta nel tentativo di contaminare e di essere presenti in varie zone della città.

Il concerto di Calcutta, invece, rappresenta in musica tutto quello che è stato detto finora per il cinema.

Si, perché si tratta di un personaggio che in Italia sta andando per la maggiore e quella di Berlino è la tappa del suo primo tour europeo. La scelta di Calcutta si sposa molto con la volontà di far vedere cosa c’è di nuovo in Italia e devo dire che a una settimana dall’evento si va verso il tutto esaurito. Siamo più che soddisfatti.

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