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Film da Vedere

Il giocattolo, cosa sapere sul film di Giuliano Montaldo, con Nino Manfredi

Il giocattolo di Giuliano Montaldo è un film che risente molto del clima di insicurezza generale che caratterizzava l’Italia degli anni Settanta. Sceneggiato da Sergio Donati, Giuliano Montaldo e Nino Manfredi, con la fotografia di Ennio Guarnieri, il montaggio di Nino Baragli e le musiche di Ennio Morricone, Il giocattolo è interpretato da Nino Manfredi

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Il giocattolo, un film drammatico del 1979 diretto da Giuliano Montaldo, con Nino Manfredi attore protagonista. La pellicola uscì in un momento critico della storia della Repubblica Italiana, in una fase di recrudescenza terroristica ed un pregnante senso di insicurezza tra i privati cittadini. In un’intervista Manfredi disse di avere discusso con il regista Montaldo sul finale, ipotizzando la feroce vendetta e la definitiva rovina del protagonista. Ciò, tuttavia, sarebbe sembrato antitetico con il tema, quello dell’insicurezza del cittadino medio italiano in epoca di terrorismo e di recrudescenza criminale, quasi un invito a provvedersi di un’arma, innanzi all’impotenza delle istituzioni. Sceneggiato da Sergio Donati, Giuliano Montaldo e Nino Manfredi, con la fotografia di Ennio Guarnieri, il montaggio di Nino Baragli e le musiche del maestro Ennio Morricone, Il giocattolo è interpretato da Nino Manfredi, Arnoldo Foà, Olga Karlatos, Marlène Jobert, Daniele Formica, Vittorio Mezzogiorno, Renato Scarpa, Pamela Villoresi, Mario Brega.

Sinossi
Vittorio è da tempo il factotum di un industriale senza scrupoli. Rimasto ferito in un tentativo di rapina decide di comprare una pistola. Qualche tempo dopo uccide un malvivente e diventa per qualche giorno una specie di eroe negli ambienti della ricca borghesia milanese. Ma subito dopo viene abbandonato da tutti, compreso l’industriale per il quale si era prestato a ogni sorta di traffici. Decide allora di vendicarsi.

Il giocattolo di Giuliano Montaldo è un film che risente molto del clima di insicurezza generale che caratterizzava l’Italia degli anni Settanta, debitore del miglior poliziottesco per l’apparato narrativo costruito da Sergio Donati, ma corretto al cinema alto dalla sensibilità di Montaldo e Nino Manfredi. Si risentono echi de Il cittadino si ribella (1974) di Enzo G. Castellari, ma soprattutto de Un borghese piccolo piccolo (1977) di Mario Monicelli e Vincenzo Cerami. Montaldo non è interessato tanto all’aspetto spettacolare della vicenda – pur non trascurandolo – quanto all’analisi di un perdente che trova motivo di rivalsa nel possesso di un’arma, Un giocattolo che gli costerà caro. Tutto ruota attorno a un grande Nino Manfredi (co-sceneggiatore) nei panni di Vittorio Barletta, oscuro contabile che lavora alle dipendenze di Nicola Griffo (Arnoldo Foà), un ricco amico che lo sfrutta e lo usa per coprire diverse speculazioni illegali. Vittorio è sposato con Ada (Marlène Jobert), moglie innamorata ma sofferente, conduce un’esistenza oscura che vede come diversivo l’hobby degli orologi da riparare e collezionare. La vicenda si sviluppa in una Milano piena di pericoli, tra rapine e aggressioni, e Vittorio viene ferito al supermercato durante una sparatoria; subito dopo conosce in palestra il poliziotto Sauro (Vittorio Mezzogiorno), che diventa suo amico. Purtroppo è lui a regalare la pistola che modifica il carattere del ragioniere, dopo aver scoperto di avere la dote del tiratore scelto. Sauro viene ucciso da un pregiudicato; Vittorio assiste alla scena, impugna l’arma e uccide un complice del killer, mettendosi nei guai e diventando un personaggio pubblico. Il ragioniere viene perseguitato dai criminali, ma quando impugna la pistola si sente un uomo diverso, affronta tre gangster a viso aperto, con uno stratagemma li distrae e con freddezza li gambizza. La figlia del padrone (Pamela Villoresi) seduce Vittorio – prima ci aveva provato la moglie (Olga Karlatos) senza successo -, cosa che costa il lavoro al ragioniere, perché il padre lo viene a sapere. Finale a sorpresa, con Vittorio al capezzale di Ada morente, fermato da un colpo di pistola della moglie prima che possa scendere in strada a vendicarsi di chi l’ha sempre offeso e sfruttato. “Non era meglio se quel giorno Sauro avesse portato i bignè invece della pistola…”, mormora Vittorio morente sfoderando il sarcasmo tipico del miglior Manfredi.

Un film girato con una fotografia fredda, un vero noir all’italiana, sulla scia del miglior cinema di Fernando di Leo, più impegnato civilmente e politicamente, con minor attenzione al genere rispetto ai contenuti. Ottime le sequenze che riprendono la periferia milanese e il mondo della malavita, così come sono straordinarie le parti a base di sparatorie nel supermercato e al ristorante. Ralenti eccellenti, dissolvenze, momenti cruciali raccontati inquadrando il terrore negli occhi del protagonista, con carrellate e piani sequenza che conferiscono un tocco di poesia alla trama nera. Montaldo è più interessato alla psicologia del suo personaggio che alle parti di pura azione scritte da Donati, Manfredi ci mette del suo e caratterizza il ragioniere con bravura e senso dell’umorismo: un perdente, un ingenuo piccolo borghese che capisce di avere la dote del tiratore scelto trasformandosi in un pericolo per se stesso e per gli altri. Montaldo racconta l’amicizia virile tra Vittorio e Sauro, la crisi matrimoniale con la sofferente Ada – ottima la Jobert che ha lavorato molto nel cinema francese -, i sogni non realizzati e i tradimenti maldestri perpetrati con il solo pensiero. Il giocattolo è una storia di vita quotidiana di un uomo che poco a poco precipita  negli inferi della disperazione perdendo tutto, persino la vita, in modo paradossale. Tra gli attori bene Arnoldo Foà nei panni del cinico capitano d’azienda, in perenne lite con la figlia ribelle e viziata, pronto a sfruttare l’amico per i ruoli più ingrati. Bravo Mezzogiorno, un attore che ci ha lasciati troppo presto, che proviene dal cinema di genere e dimostra la sua adattabilità ai ruoli assegnati. Si narra che sul finale ci fu una discussione tra Manfredi e Montaldo, con il primo che avrebbe preferito vedere il suo antieroe scendere in strada e sparare, per poi finire ucciso. Il regista opta per la soluzione imprevista, fa fermare il ragioniere con la pistola dalla moglie che lo uccide per amore. Tutto questo per non avvalorare la tesi – propugnata da film come Il cittadino si ribella – che la sola soluzione possibile fosse quella di farsi giustizia da soli.

  • Anno: 1979
  • Durata: 118'
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Giuliano Montaldo
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