In concorso al 18° Riff, 37 seconds, opera prima della regista Hikari, incanta e commuove. Già presentato con successo alla 69esima Berlinale, il film mostra un’immagine del Giappone contemporaneo attraverso gli occhi e la vita di una giovane ed ingenua disegnatrice di manga, Yuma.
37 secondi senza respirare; sono quelli che hanno significato per la 23enne protagonista la paralisi cerebrale, costringendola ad una vita su una sedia a rotelle. Accudita da una madre iperprotettiva e soffocante, Yuma lavora come disegnatrice ghostwriter per la famosa Sakura, che sfrutta il suo talento spacciandolo per proprio, relegandola nell’ombra. Ma la disabilità di Yuma è solo motoria; dotata di una matita eccelsa, decide di tentare di pubblicare fumetti suoi, iniziando un viaggio di formazione che la porterà dove non avrebbe mai immaginato.
Se il suo lavoro viene respinto perché, ironia, “il suo stile copia quello di Sakura”, Yuma decide di tentare una strada diversa: quella dei manga pornografici. Ma i suoi fumetti mancano del necessario realismo portato dall’esperienza sessuale; la giovane inizia così a documentarsi, studiando tecnicamente le singole immagini di film porno, decidendo quindi di compiere il passo successivo: uscire per conoscere e fare l’amore con un ragazzo. Per la prima volta nella sua vita, Yuma prende decisioni sue, mentendo alla madre, per andare alla scoperta del mondo e della vita.
Scopriamo così il mondo a luci rosse del Giappone, girando con Yuma per le strade del sesso, dove giovani donne vestite come un fumetto attirano clienti nei locali; entriamo con lei nel Love Hotel, dove non riuscirà a perdere la verginità ma farà l’incontro che darà una svolta alla sua vita: quello con Mei, che la prenderà sotto la sua ala protettiva. Mei è una lavoratrice sessuale con un cliente speciale di cui si occupa insieme al giovane Toshi: un disabile costretto anch’egli su una sedia a rotelle. Con Mei, Yuma può finalmente essere se stessa: affrancarsi dal ruolo di eterna bambina incapace cui la madre l’ha relegata, vestirsi come la giovane donna che è, truccarsi, andare per locali, scoprendo cosa c’è ‘oltre la porta di casa’.
Scoperto il suo inganno, la madre terrorizzata decide di farne una reclusa a tutti gli effetti, togliendole finanche il telefono. Ma il dado è ormai tratto: Yuma alla prima occasione riesce a scappare via dal centro di riabilitazione e tornare da Mei e Toshi.
Ospitata da quest’ultimo, Yuma è finalmente libera ed ha trovato allo stesso tempo un vero amico: a lui confida il desiderio di ritrovare suo padre, andato via quando lei era piccola.
Inizia qui la seconda parte del suo viaggio, in senso letterale: alla ricerca del papà in una piccola cittadina in riva al mare, Yuma scoprirà infatti segreti sul suo passato che la porteranno, accompagnata da Toshi, fino in Thailandia, un mondo lontano anni luce dall’ordinato Giappone, selvaggio e lussureggiante di vegetazione, che sarà la chiave di volta per Yumi al suo ritorno a casa.
37 seconds è una commedia delicata, con un umorismo fine ed intelligente, incorniciata da una splendida fotografia che dà risalto agli splendidi paesaggi thailandesi ed alle immagini del Giappone in fiore senza tralasciare i piccoli dettagli. La regista ci porta in quello che sembra un mondo inventato e invece è reale: manga viventi che camminano accanto a persone vestite all’occidentale e a giovani in kimono, case tradizionali e moderni negozi di pachinko e video giochi, il Giappone moderno è profondamente intriso di passato e futuro che si intrecciano; un Paese dalle mille contraddizioni per un osservatore esterno ma dove tutto si miscela alla perfezione.