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MedFilm Festival 2019: The Miracle of the Sargasso Sea di Syllas Tzoumerkas

Dalla Grecia un altro lungometraggio sanguigno, disturbante, malsano, che si appoggia con scaltrezza al genere per portare a galla un malessere diffuso

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Un poliziesco, per modo di dire. In The Miracle of the Sargasso Sea (To thávma tis thálassas ton Sargassón) di Syllas Tzoumerkas non sono certo le corrette procedure di polizia, la caccia al colpevole ed il totale rispetto delle regole canoniche del “giallo”, gli elementi su cui puntare i riflettori. Anche perché, se solo si cercasse la plausibilità di certe situazioni o delle scelte effettuate dai protagonisti, il cosiddetto “realismo”, ci si impantanerebbe in un ginepraio di contraddizioni che svelano ben poco del senso profondo dell’opera.
Al contrario, in sintonia con l’andazzo di tanto cinema ellenico degli ultimi anni, anche il “genere” si presta qui a una ricognizione degli stati d’animo più sofferti della società d’appartenenza, all’esplorazione di ambienti malsani, a una decostruzione delle parabole esistenziali di personaggi senz’altro eccessivi, sopra le righe, dal cui andare alla deriva emerge però, paradossalmente, un affresco desolante, sanguigno e in fondo veritiero della Grecia di oggi.

Di sicuro Syllas Tzoumerkas si inserisce in questo “filone”, se così vogliamo chiamarlo, con una certa audacia e personalità. Torbide tensioni politiche, eros morboso, senso di isolamento, perdita di valori e una persistente crisi di identità sembrano minare i personaggi dall’interno, riflettendosi poi in un paesaggio circostante che ha spesso una connotazione precaria, fetida, umida. Non per niente in taluni momenti lo sguardo rivolto dal regista al territorio ci ha ricordato La Isla Mínima, noir meravigliosamente angosciante girato da Alberto Rodríguez in certe zone acquitrinose della penisola iberica, la cui natura aspra e paludosa pareva lì riflettere la melma accumulatasi in un passato scomodo e ingombrante.
Le location a volte fanno quasi il film. In The Miracle of the Sargasso Sea si passa bruscamente dal bollente, ipertrofico prologo ambientato nella capitale, una Atene in balia di violenti confronti tra gruppi sovversivi e forze di polizia, ad una sorta di “limbo” stagnante, la cittadina della Grecia occidentale in cui per motivi di sicurezza viene relegata Elisabeth, energica poliziotta finita assieme al figlio nel mirino dei rivoltosi. Scelta drammaturgica tutt’altro che casuale: a Missolungi, località divenuta celebre per la morte di Lord Byron e per altri episodi legati alla lotta dei Greci per l’Indipendenza, si respira adesso un’aria di decadenza resa molto bene sullo schermo da Syllas Tzoumerkas, un’atmosfera da Purgatorio che assume valenza metaforica ogniqualvolta si accenni al ciclo vitale delle anguille, tra le principali risorse economiche della zona, nonché creature marine che per sopravvivere e riprodursi devono compiere una lunga migrazione, dal Mediterraneo al Mar dei Sargassi. Nondimeno alcuni tra i personaggi principali del racconto daranno l’impressione, strada facendo, di sentirsi fuori posto, esiliati non a caso nella città dove si spense il ramingo Byron. A partire ovviamente da Elisabeth, novello capo della polizia alle prese con contesti sempre meno salubri ed edificanti, cui ha prestato tutto il suo carisma una magnifica Angeliki Papoulia, già icona (vedi Alps e The Lobster) del cinema di Lanthimos.

Davvero potente sullo schermo il confronto, portato avanti in parallelo fino all’inevitabile intrecciarsi delle rispettive storie, tra lei e Rita (un’autentica rivelazione, per inciso, l’interpretazione sofferta di Youla Boudali), sorella taciturna e con troppi segreti da difendere o da svelare di un ambiguo, lascivo, egocentrico cantante di piano bar.
Allorché la notizia di uno sconvolgente e improvviso decesso scuote la sonnacchiosa cittadina, una detection portata avanti da Elisabeth senza particolare riguardo nei confronti delle procedure (per usare un eufemismo) riporterà in superficie tutto il marcio che si era provato fino ad allora a nascondere, scoperchiando così un quadro sociale ed esistenziale tanto degradato quanto sottilmente perverso. Tra reiterati abusi (sessuali e non) sui più deboli, notabili del paese avvezzi alla corruzione e all’eccesso, miseria diffusa e altre “amenità”, lo sconcertante e allucinato (stante pure una suadente vocazione agli inserti onirici) noir di Syllas Tzoumerkas, pur non convincendo del tutto sul piano squisitamente narrativo, riesce comunque a turbare lo spettatore. Grosso merito, che lo allinea in qualche modo a Miss Violence e ad altri esiti disturbanti, scabrosi, da noi riscontrati nella filmografia greca contemporanea.

  • Anno: 2019
  • Durata: 121'
  • Genere: Noir / Poliziesco
  • Nazionalita: Grecia, Germania, Paesi Bassi, Svezia
  • Regia: Syllas Tzoumerkas

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