Sogni d’oro, un film del 1981 scritto, diretto e interpretato da Nanni Moretti. Il film venne premiato con il Leone d’argento al Festival del Cinema di Venezia nel 1981. Il riconoscimento venne accolto nell’ambiente del cinema con qualche dissenso. Al film veniva rimproverata la presunzione esasperata del personaggio autobiografico di Moretti e il pericoloso accostarsi al modello 8½ di Federico Fellini. Sull’Europeo dello stesso anno si attribuisce a Sergio Leone la seguente dichiarazione: «Fellini 8 1/2 m’interessa, Moretti 1 1/4 no». Vani furono i ripetuti tentativi di Moretti di smentire la rilettura del suo film come un’opera sui tormenti di un artista in crisi creativa o sul cinema stesso. Prodotto da Renzo Rossellini, con la fotografia di Franco Di Giacomo, il montaggio di Roberto Perpignani e le musiche di Franco Piersanti, Sogni d’oro è interpretato da Nanni Moretti, Piera Degli Esposti, Laura Morante, Alessandro Haber, Remo Remotti, Dario Cantarelli, Giampiero Mughini, Gigio Morra, Nicola Di Pinto, Claudio Spadaro, Tatti Sanguineti.
Sinossi
Michele Apicella è un giovane cineasta che ha avuto successo con i suoi film ed è continuamente richiesto in qualità di ospite per interviste e convegni. Attualmente sta lavorando a una nuova sceneggiatura dal titolo “La mamma di Freud”, ma deve fare i conti con tutta una serie di ostacoli: la concorrenza di alcuni colleghi, l’insistenza di due individui che vogliono imparare il mestiere ad ogni costo, e soprattutto l’amore non corrisposto per Silvia, un’ex compagna di scuola che gli appare in sogno tutte le notti. Alla fine il film esce e le accoglienze sono favorevoli, ma i sogni di Michele peggiorano.
Alla sua terza opera (dopo il super8 di Io sono un autarchico e l’Ecce bombo del 1978), Nanni Moretti inscena la sua prima crisi professionale e umana. Interpreta, infatti, Michele Apicella, un regista che dopo il successo del primo film non riesce a mandare in porto il secondo per svariati motivi. Più che altro è un’occasione per conoscere meglio il personaggio Moretti, ed è forse l’opera dove maggiormente Nanni si impadronisce Michele (in fondo in Bianca e La messa è finita si mantiene su territori più “classici” e in Palombella rossa si fa portavoce di un sentimento di malessere diffuso), infarcendolo di ogni sua fisima e caratterizzandolo come se fosse un alter ego sputato dell’autore. Nella sua finta ingenuità, Sogni d’oro è un film molto lesto che gestisce il ritmo con intelligenza. Ha una costruzione ancora frammentaria e non poche volte la sceneggiatura cade in qualche momento di tediosità ripetitiva. Dopo Ecce bombo, Nanni comincia a elaborare una propria idea di cinema partendo da se stesso per parlare degli altri, costruire un ritratto generazionale che ne metta in risalto luci ed ombre (e sarà un fil rouge della sua prima filmografia, quella che si interrompe con La cosa e parzialmente con Il portaborse, dove recita soltanto e si fa dirigere da Daniele Luchetti). Con Sogni d’oro Moretti dà vita a un universo spaesato e desolante e la portata della riflessione investe anche la sconfortante involuzione dello spettacolo televisivo e del suo pubblico (la gara a premi del finale, in cui può vincere solo e soltanto la volgarità). La mostruosità, in contesti come questi, è l’unico approdo possibile, anche per chi ritiene di essere superiore alla marmaglia. Seppur altalenante e vittima di qualche momento di stanca, resta il più straniante, crudele e coraggioso film della prima parte della carriera di Moretti: Leone d’argento a Venezia ma anche primo insuccesso del regista dopo i due ben più fortunati film precedenti, dei quali non fu in grado di replicare né incassi, né consensi, alimentando intere schiere di detrattori. Sogni d’oro è un’opera onirica, disomogenea, irriverentemente irrefrenabile. Probabilmente Nanni non è mai stato così insopportabilmente irresistibile come qui.