In questi giorni si rievocano i trent’anni dalla caduta del Muro di Berlino. Per l’occasione Satine Film riporta nelle sale Good Bye, Lenin! di Wolfgang Becker, un film a suo modo epocale, uscito nel 2003, uno dei maggiori successi tedeschi con 80 milioni di dollari di incasso nel mondo, di cui la metà in patria, che ha saputo raccontare quella svolta epocale che cambiò il mondo, ma soprattutto anticipare la nostalgia per la DDR, la cosiddetta Ostalgie. Come spesso accade, il cinema riesce a sintetizzare un enorme macrofenomeno raccontando una piccola storia di persone comuni, la rivoluzione dei grandi condomini di Berlino Est avvicinandosi fino a entrare in una delle tante spartane finestre illuminate da una luce, prima fioca e poi più luminosa, appena dopo pochi giorni.
Vedere oggi il film di Becker è un ottimo esercizio della memoria, a distanza di trent’anni da quella notte e dalla successiva riunificazione tedesca, e sedici anni dalla prima volta in cui lo vedemmo, in occasione della presentazione al Festival di Berlino. Un film che lanciò la carriera del suo giovane protagonista, Daniel Bruehl. Molta forza è sprigionata dal suo soggetto semplice e geniale, che racconta di Alex, un giovane berlinese dell’est che ricostruisce il mondo prima della caduta del muro intorno al letto della madre convalescente, entrata in coma poche settimane prima della del novembre 1989 e risvegliatasi otto mesi dopo.