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Senza destino: l’Olocausto secondo Koltai, con un Daniel Craig ancora sconosciuto

Segnali dall’universo digitale. Rubrica a cura di Francesco Lomuscio

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Approdato nelle sale cinematografiche italiane il 26 Gennaio del 2006, in occasione della Giornata della Memoria, Senza destino torna disponibile su supporto dvd a tredici anni di distanza, grazie a Mustang Entertainment (www.cgentertainment.it).

Co-produzione tra Ungheria, Germania, Regno Unito, Israele, Francia e Stati Uniti, si tratta del debutto dietro la macchina da presa – tratto dal romanzo Fateless di Imre Kertész, vincitore del premio Nobel per la Letteratura nel 2002 – per il direttore della fotografia originario di Budapest Lajos Koltai, collaboratore anche del nostro Giuseppe Tornatore nei suoi La leggenda del pianista sull’oceano e Malèna.

Comprendente nel cast il Daniel Craig che di lì a poco sarebbe diventato famoso nei panni dell’agente segreto James Bond nel memorabile Casino Royale, Sorstalanság (come s’intitola in patria la pellicola) vede il giovane e bravo Marcell Nagy – allora proveniente dal televisivo I ragazzi della via Pal di Maurizio Zaccaro – nel ruolo di Gyuri Köves, sensibile e brillante ragazzino ebreo di Budapest che, rinchiuso in un campo di concentramento, cerca in ogni modo di adattarsi perfino alle situazioni più tremende, tra il dolore e le spietate azioni dei disumani carcerieri.

Ed è proprio la sua  voce narrante a trasportarci fin dai primi minuti di visione all’interno di un’interessante vicenda caratterizzata da un’impeccabile ricostruzione scenografica e la cui bellissima fotografia di Gyula Pados, dai colori desaturizzati, contribuisce in maniera fondamentale ad enfatizzare efficacemente la tristezza del racconto in fotogrammi in questione.

Un racconto che, come c’era da aspettarsi, non manca di immagini disturbanti; man mano che il regista, sebbene si trovi ad affrontare il cinematograficamente fin troppo sfruttato tema dell’Olocausto (all’epoca era trascorso anche poco tempo dagli altamente celebrati e premiati Il pianista di Roman Polanski e La vita è bella di Roberto Benigni), riesce nell’impresa di non scadere nel patetico e nel facile sentimentalismo.

Inoltre, sebbene riecheggino vagamente le composizioni storiche che furono al servizio dei capolavori di Sergio Leone, le splendide musiche a firma del mai troppo elogiato Ennio Morricone conferiscono non poca poesia ad un’operazione capace di catturare l’attenzione dello spettatore dalla prima all’ultima inquadratura, nonostante la tutt’altro che breve durata (siamo intorno alle due ore e quindici).

Quindi, accompagnato da una ricca sezione extra dispensatrice di trailer italiano, un making of di sette minuti e interviste a Koltai, Kertész, Nagy, Pados e Morricone, il disco digitale di Senza destino può rappresentare la giusta occasione per spingere – soprattutto coloro che, al di là dell’interesse storico-didattico, si chiedono per quale motivo vengano ancora realizzati film su una tematica così abusata – alla riflessione nei confronti di due elementi da sempre presenti nel quotidiano vivere, sia prima che dopo il Nazismo: la sofferenza dell’essere umano e la conseguente ricerca della felicità.

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