Due attrici in stato di grazia raccontano due importanti tabù sociali; quello della sessualità in tarda età e quello dell’amore fra persone dello stesso sesso, condendo il tutto con il nuovo tabù che attanaglia il terzo millennio: quello della scissione fra sesso e amore. In una società dai ritmi serrati dove non c’è più tempo per vivere un amore concedendogli i tempi di cui necessita per il corteggiamento, per la conoscenza dell’altro, per la scoperta. Filippo Meneghetti illumina i piccoli gesti, si sofferma sugli oggetti, permette allo spettatore di assaporare ogni particolare di questa anomala storia d’amore costruita contro tutto e tutti.
Nina ci appare subito invadente, petulante, quasi ossessiva, Madeleine, invece, è una madre pacata e responsabile, piena di disponibilità e di sensi di colpa, che teme di provocare sconvolgimenti nella vita dei figli e non si decide a vivere il proprio amore in maniera serena. Innamorate l’una dell’altra, ma con un diverso approccio vero la vita. Nina diventa quasi irritante in certi momenti, osserva dal pianerottolo i movimenti dell’amata, è vorace di questo amore come un bambino che ha trovato il giocattolo preferito, e mentre lei spinge, Madeleine arresta. Poi un incidente, l’evento scatenante che, come nella Morfologia della fiaba del russo Vladimir J. Proop, dipana gli eventi lasciando a Nina la possibilità di fare ciò che il cuore le comanda. Ecco, allora, che i suoi sguardi divengono un pretesto per mostrarci il volto dell’amore e la volontà di non lasciarselo portare via da niente e da nessuno. La tenacia con la quale Nina irrompe in ogni situazione e in ogni momento nella vita di Madeleine la portano ad affrontare tutti quei pregiudizi sociali e familiari temuti dall’amata.
Nulla è scontato in questa piccola opera di circa novanta minuti, densa di pathos e di suspence da thriller. Meneghetti mette un’attenzione particolare nel mostrarci le caratteristiche psicologiche dei personaggi, soffermandosi anche sulla badante cerbera, interpretata magistralmente da Muriel Benazeraf. Nina non teme neppure lei, nuovo Caronte che sembra stare a guardia dello Stige simbolicamente rappresentato dal pianerottolo che separa la sua abitazione da quella di Madeleine.
Nulla è prevedibile in Deux , neppure la scena finale, tutt’altro. Laddove ci si aspetterebbe un gesto scellerato di Nina, Meneghetti lascia la sua impronta addolcendo e rendendo questo amore impossibile libero da ogni barriera, con i ritmi che gli sono dovuti in una congiunzione fra corpo e spirito. E in un mondo dove i rapporti sentimentali sono diventati sempre più connotati dalla scissione fra sesso e amore, la scena con cui finisce il film sembra un inno alla speranza, un invito a lottare, un elogio della lentezza senza mai rimandare a domani ciò che potremo vivere oggi.