Scary Stories To Tell In The Dark di André Øvredal è l’omaggio a quella tradizione dei racconti di storie oscure che da sempre hanno tenuto paralizzati alla sedia bambini e ragazzi. Lo zampino lo ha messo il prolifico Guillermo Del Toro, affascinato dai libri di Alvin Schwartz, che negli anni ’80 raccolse alcune di queste leggende da incubo da antiche antologie, riviste e racconti popolari in un libro diventato fenomeno letterario. Le sue Scary Stories To Tell In The Dark ottennero un tale successo che presto vennero seguite da More Scary Stories To Tell In The Dark e da Scary Stories 3: More Stores to Chill Your Bones.
Per Guillermo Del Toro, attratto dai mostri quali metafore di ciò che gli uomini nascondono e dalla valenza educativa delle storie da brivido, fondamentali per la formazione della psiche dei piccoli, i libri di Scary Stories sono stati sempre considerati fonte di pura gioia. Quando ha saputo che la CBS Films aveva acquisito i diritti, ha voluto consistentemente esserci. Oltre che producendo il film, attualizzandolo nella riflessione sul peso e la responsabilità della narrazione, così rilevante in un mondo dominato dai social media come il nostro. La regia è stata affidata al norvegese André Øvredal, fattosi conoscere per il mockumentary Trollhunter (2010).
“Le storie possono ferire, le storie possono guarire”: l’incipit del film ne racchiude anche il fulcro essenziale. Smessa la forma antologica, Scary Stories To Tell In The Dark si compatta attorno a un gruppo di adolescenti atipici, che vivono nella tranquilla e lontana cittadina di Mill Valley. Siamo nel 1968, e il Vietnam insieme a Nixon riecheggiano come uno spettro inquietante e silenzioso. Stella, Chuck ed Auggie, a cui si aggiunge il messicano Ramon, si ritrovano nella notte di Halloween a esplorare la casa abbandonata e infestata della famiglia Bellows. La leggenda rende colpevole della chiusura della cartiera messa su dalla famiglia Bellows e della morte di alcuni ragazzi Sarah, la figlia più piccola, segregata sin dalla nascita, considerata un mostro.
Nell’esplorazione, il gruppo scopre la stanza segreta di Sarah e un misterioso libro custode delle storie spaventose da lei scritte, come la leggenda pare confermare, col sangue dei ragazzi morti. Stella porta il libro con sé, scatenando inevitabilmente una serie di sparizioni soprannaturali che cambieranno i destini dei giovani amici. Uno ad uno, si ritroveranno coinvolti nelle storie che Sarah sceglie di raccontare e di scrivere nella pagina che si compone… Harold, The Big Toe, The Red Spot; ogni membro del gruppo sarà chiamato ad affrontare inesorabilmente le proprie paure, Stella a risolvere il mistero che si nasconde nel libro.
Peccato che questo materiale, sulla carta molto interessante e anche visivamente stimolante, si traduca in un film che non riesce a portarsi addosso con personalità praticamente alcunché. Non riecheggiano le atmosfere affettuosamente terrificanti che le storie di un tempo incarnavano nell’immaginazione di chi le ascoltava. Le emozioni non scorrono e non si scambiano da uno stato di paura pura a una quiete rassicurante. La regia, mobile, tecnicamente efficace, si perde nell’omologazione di situazioni che evocano un orrorifico abbastanza sterile. Neppure la vera ironica, che i mostri del libro incarnano a dire dello stesso Del Toro, emerge forte e sicura.
L’unico elemento che le Scary Stories riescono a tenere più o meno a galla è quanto la verità possa venire offuscata dal semplice chiacchiericcio non verificato, dato per scontato, mai approfondito. Quanto le storie possano ferire, possano guarire, quanto ripetendo più volte una storia, si finisca per credere a quello che ci viene raccontato.