A Lugano, tra i lungometraggi selezionati e proiettati al Festival dei Diritti Umani, spicca un film italiano insignito del Nastro della legalità: A mano disarmata. E’ la trasposizione cinematografica del libro omonimo scritto dalla giornalista Federica Angeli. Un lavoro autobiografico certamente costato grande fatica e diventato a nostro avviso un esempio di editoria e di cinema che possiamo definire necessari. Di quelli da non perdere, di quelli che tutte le scuole dovrebbero far conoscere agli studenti.
La prima immagine del film è una bella panoramica crepuscolare del Lido di Ostia, sfavillante frazione di Roma affacciata sul mare. Eppure, quando il campo si restringe sulla quotidianità di chi ci abita e ci lavora, affiora una triste alternanza di intimidazioni ed estorsioni. Dall’edicolante che deve fare i conti con l’incendio doloso dei giornali alla pasticcera costretta a consegnare l’incasso del negozio alla criminalità. In primo piano, c’è la vita della protagonista Federica Angeli, raccontata con naturalezza tra gli affetti familiari e il lavoro di redazione, e magistralmente interpretata da Claudia Gerini. Quando la malavita locale comincia a pretendere indifferenza e omertà anche da lei, risponde facendo con coraggio il suo dovere di giornalista e, prima ancora, di cittadina.
La cosa interessante è che A mano disarmata non si risolve nella solita lotta tra i buoni e i cattivi che domina la maggior parte delle produzioni cinematografiche, per non parlare di quelle televisive, di mezzo mondo. Il merito del film sta nell’approfondire il contesto, ovvero le reazioni, i pensieri e i comportamenti di chi circonda Angeli e interagisce con lei, dai familiari alle istituzioni, dopo la sua inequivocabile scelta di onestà e denuncia. Finalmente una storia di contrasto alla mafia che racconta ciò che veramente interessa alla protagonista e agli spettatori che in ella si immedesimano, tanto più rilevante in quanto davvero accaduta. Un altro regista si sarebbe fatto tentare dalla spettacolarizzazione di alcuni famigerati episodi di cronaca relativi alla vicenda, ma Claudio Bonivento, forte di una lunga esperienza di regia e produzione che tra i vari premi gli ha fruttato ben quattro David di Donatello, preferisce invece dare risalto a tutto ciò che conduce ad un titolo suggestivo come A mano disarmata.