A pochi giorni dall’avvio di Milano Film Festival, è stata presentata ieri a Palazzo Reale un’iniziativa meno conosciuta, ma a suo modo molto significativa: la settima edizione del Milano Design Film Festival, che si terrà dal 24 al 27 ottobre, in città, nei locali del cinema Anteo. Quattro giorni intensi di incontri, dibattiti e film, analisi incentrate tutte sulla cultura del progetto; suggestioni diverse e nuovi sguardi verso la relazione tra design (ma anche architettura) e sopravvivenza nel nostro pianeta. Titolo scelto per quest’anno: Mind The Gap, per riflettere sui cambiamenti, soprattutto digitali, sulle nostre relazioni con spazi e oggetti che sono intorno a noi.
Durante la conferenza stampa, la spiegazione di cosa sia un design film viene affidata al breve video che riprende Alice Rawsthorn, famosissima critica del settore, mentre spiega che si tratta di un documentario specifico, o di una narrazione che ci mostra comunque l’influenza che design e architettura hanno nella vita di ciascuno, o dell’una, dell’altra, applicate al cinema. Ma la definizione più completa è data dall’insieme di tutto questo, e dalle diverse combinazioni, fino a toccare temi disparati, tra i più attuali, dalle nuove tecnologie all’inquinamento.
Non un festival quindi dedicato a esperti, ma animato dalla volontà di raggiungere chiunque, e ispirato alla citazione della Rawsthorn: “Ogni essere umano è un designer”. Immaginiamo sia di particolare interesse, a questo proposito, il film di apertura, The Human Shelter di Boris Benjamin Bertram. Il regista danese ha attraversato quattro continenti e nove paesi per indagare i bisogni delle persone nel definire la propria casa, da una baraccopoli a uno studio newyorkese, da un campo profughi in Iraq al Nord più Nord della Norvegia, perché il rifugio (lo Shelter) cambia tantissimo seguendo le circostanze. Casa come un tetto sopra la testa, ma soprattutto come posto nel cuore, e pare che il film sia un viaggio davvero poetico, oltre che antropologico.
Novità di quest’anno sarà il premio internazionale AFA (Architecture Fillm Award) voluto da Antonella Dedini e Silvia Robertazzi, curatrici del festival, dedicato a cinema e architettura, che amplifica ancora di più lo sguardo di questo evento, già di per sé collegato ad altre iniziative, in città molto diverse tra loro: da Tokio a Barcellona, da Il Cairo ad Atene. Presidente della giuria di AFA sarà il regista, attore, docente Maurizio Nichetti che, con la simpatia e la semplicità di sempre, ci racconta l’impegno e il piacere della partecipazione a una giuria. La visione di un film che non piace anche due volte per capirne le ragioni, per esempio, o la responsabilità di premiarne uno non solo per la resa cinematografica o per il suo contenuto, senza valutare l’equilibrio tra i due aspetti. Soprattutto per un festival dedicato al grande pubblico.
Maurizio Nichetti lo rivedremo tra poco a Milano, il 12 ottobre, per la presentazione del libro a lui dedicato, Parola al mimo, (curato da Claudio Miani e Gian Lorenzo Masedu), in occasione del Festival Stranimondi. Sì, perché Milano è così: proposte culturali che si inseguono, spesso sovrapposte.
Dice bene l’assessore alla cultura Filippo Del Corno, presente alla conferenza stampa, quando riconosce che nella vivacità di ciò che oggi è diventata Milano manca ancora la giusta armonia tra una quotidianità di offerte (da parte di musei teatri biblioteche) e i focus di approfondimento, una visione sistemica che scongiuri il rischio saturazione. Noi, che a Milano viviamo, e a tratti siamo stanchi di inseguire gli eventi, non possiamo dargli torto.