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Soundscreen Film Festival: Tehran – City of love di Ali Jaberansari

Presentato in concorso, al Soundscreen Film Festival, Tehran - City of love è una commedia dal sapore dolceamaro.

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Tramite cornici cinematografiche di angoscia urbana messe in scena con precisione, e grazie a prestazioni fisiche straordinariamente sottili di tutti e tre i protagonisti, il film di Ali Jaberansari risuona con grande generosità verso i suoi personaggi. Presentato in concorso, al Soundscreen Film Festival, Tehran – City of love è una commedia dal sapore dolceamaro. In una grande città come Tehran tre anime, quella di un ex-campione di bodybuilding, una segretaria sovrappeso di una clinica di bellezza e un cantante religioso frustrato, sono alla ricerca dell’amore e di un qualche contatto umano. In una città dove anche la propria individualità sembra un fattore da non sottovalutare, la ricerca di quel sentimento, puramente umano, si rivelerà alquanto ardua. Con grande delicatezza si tratteggia l’agognata ricerca dell’amore di questi tre personaggi, in una Tehran del tutto indifferente. Lo sceneggiatore e regista Ali Jaberansari, qui al suo secondo lungometraggio, delinea un film sul tema dell’amore non corrisposto, intorno al quale prendono vita le trame della narrazione.

La prima storia è quella del culturista Hessam Fazli (Amir Hessam Bakhtiari), che sta cercando di entrare in un cast di un film in uscita, e viene (erroneamente) informato che lo interpreterà l’attore più famoso della Francia, Louis Garrel. Normalmente il lavoro di Hessam è con uomini più anziani, ma un giorno incontrerà il giovane Arshia (Amir Reza Alizadeh), che si sta allenando per diventare anche lui un bodybuilder. Le inquadrature geometriche del regista lasciano trasparire la sensazione di un velato erotismo fra i due uomini e se il primo guarda con desiderio il giovane, l’altro sembra non corrisponderlo.

Incontriamo poi Mina Shamsi (Forough Ghajabegli), una receptionist sovrappeso impiegata in una clinica di bellezza. Mina trascorre il suo tempo mangiando tanto gelato e attraendo gli uomini che trova affascinanti: telefonandoli con una voce camuffata, dichiaratamente sexy, dandogli un appuntamento; ma ogni volta Mina li fa aspettare quasi fosse una forma di vendetta. Tentando di trovare l’anima gemella decide così di iscriversi a una classe dal nome “Geometria dell’amore e delle relazioni”.

L’ultimo protagonista è un cantante di funerali religiosi, il malinconico Vahid (Mehdi Saki), recentemente allontanato dalla sua fidanzata. Il musicista depresso e incoraggiato da un amico decide di cominciare a cantare ai matrimoni, dove farà presto amicizia con una fotografa professionista di nome Niloufar.

I tre protagonisti vengono delineati dalla macchina da presa, la quale spesso diventa una sorta di confessionale, con moltissime inquadrature in cui i protagonisti ci guardano, quasi sperando di una nostra qualche approvazione o supporto. Con grande calma i tre personaggi sopportano le loro disgrazie e il pubblico, a poco a poco, diventa loro complice. Grazie all’eccellente tempismo comico degli attori e alla sceneggiatura di Jaberansari e Maryam Najafi gli elementi agrodolci, disseminati nel corso del film, diventano efficaci pillole umoristiche. Lo stile nitido e la fotografia forniscono un tipo di visività netta, fatta di colori contrastanti verso tonalità più calde. Grazie al montaggio efficacie di Askhan Mehri ai singoli personaggi viene dato modo di respirare fra un episodio ed un altro; anche se la vera metropoli urbana non pare così clemente come il montaggio permette di intendere.

Il grande punto di domanda che sorge di fronte alla visione del film è perché proprio Teheran? Di fatto a eccezione di Vahid, il cantante religioso della moschea, il resto delle situazioni accadute agli altri due protagonisti potrebbero essere successo in qualsiasi parte del mondo. Viene quindi a mancare la sensazione dell’amore e della solitudine nella città iraniana; non vi è lo sviluppo a livello narrativo e visivo di una sinergia fra tematica raccontata e ambiente: un problema non da poco in un film che si intitola Teheran: city of love.

Nonostante questo il regista esamina, con estremo rigore, le circostanze intorno ai suoi personaggi senza deragliare in orpelli formali o visivi, restituendo con chiarezza il più ampio contesto che il titolo di Teheran implica e fornendo un puntuale dato della società iraniana contemporanea. Del resto è da anni che il realismo sociale risulta essere una componente fondamentale della cinematografia iraniana. Lo stesso regista ha dichiarato, in numerose interviste, che se le «questioni sociopolitiche rimangono al centro dello stile di vita iraniano, ho la fortuna di avere una prospettiva leggermente diversa. Avendo vissuto fuori dall’Iran per un certo numero di anni, pur mantenendo stretti legami con il mio paese, questo mi ha permesso una certa libertà e l’essere in grado di poter mantenere una distanza dalle dure realtà della vita in Iran; consentendomi di avere un punto di vista cupamente umoristico che corre al centro di questo film e detta il mio stile». Non deve quindi stupire se i personaggi di Tehran – City of love appaiono del tutto disincantati e estranei alla società nella quale vivono, fallendo nei loro tentativi di trovare relazioni significative e a connettersi veramente con quelli che li circondano; costretti a trovare il modo di preservarsi in una città che non li abbraccia.

La sensazione che perdura a fine film è quella di un’empatia registica nei confronti delle tre anime che lo compongono che, se anche assurde, testimoniano certamente una diversa tipologia di inclinazione cinematografica verso la moderna società iraniana, nella quale non resta che aspettare a una fermata del tram; magari insieme a un grande teddy bear.

Alessia Ronge

  • Anno: 2018
  • Durata: 102'
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Iran, Gran Bretagna, Paesi Bassi
  • Regia: Ali Jaberansari

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