Per la sua opera prima, il regista Mauro Bucci sceglie di raccontare l’esperienza di chi fugge da paesi in guerra come Libia, Nigeria e Pakistan, raccogliendone le testimonianze, divise in tre momenti fondamentali: il viaggio, l’arrivo in Italia e la successiva ricerca di un posto di lavoro che potrebbe costituire la svolta più importante della vita, passando attraverso il parere favorevole di una specifica commissione.
Lo sguardo in macchina e i volti dei protagonisti creano empatia con lo spettatore che ha modo di affrontare una questione così delicata come quella della gestione dei migranti dal punto di vista di chi ha vissuto gli orrori presenti nel paese d’origine e ne porta i segni, ma anche di chi si offre di aiutare queste persone ogni giorno sfidando una burocrazia lenta, il pericolo del razzismo e la paura di non essere accettati . Molto belli i campi lunghi dove vengono filmati i momenti di convivialità e, soprattutto, quelli in cui gli immigrati decidono di mettersi al servizio del paese che offre loro ospitalità.
Un documentario che si tiene lontano da strumentalizzazioni e polemiche, ma sceglie come forma narrativa il racconto in prima persona affinché i volti mostrati siano di monito a una società che troppo spesso ha paura del diverso e non vuole scoprire le risorse che il rapporto con culture differenti potrebbe offrire.