Easy Rider, un film del 1969 diretto e interpretato da Dennis Hopper, con Peter Fonda (Wyatt “Capitan America”) e Jack Nicholson (George Hanson); narra il viaggio attraverso gli Stati Uniti d’America da Los Angeles alla Louisiana di due motociclisti sui loro chopper, in totale libertà. Nel 2012 è uscito il prequel Easy Rider: The Ride Back. Considerato da molti critici il film simbolo della Nuova Hollywood, ha vinto il premio per la miglior opera prima al 22º Festival di Cannes e ha guadagnato due nomination all’Oscar come miglior sceneggiatura e miglior attore non protagonista (Jack Nicholson). Con le musiche di The Byrds, Hoyt Axton, Steppenwolf, Bob Dylan, The Band e Jimi Hendrix, Easy Rider si inserisce nel contesto culturale del ’68, cultura di controtendenza e voglia di evasione – libertà da una piatta società medio-borghese. Il tema del viaggio percorre e traccia le linee generali del film: da molti critici è infatti considerato il road movie per eccellenza ed è indubbiamente il film su due ruote più celebre in assoluto. Il film è stato restaurato nel 2019 in 4K da Sony Pictures Entertainment in collaborazione con la Cineteca di Bologna presso i laboratori L’Immagine Ritrovata, Chace Audio e Deluxe Audio e Roundabout Entertainmen.
Sinossi
Billy e “Capitan America” Wyatt vogliono raggiungere in moto New Orleans per il carnevale. Il viaggio attraverso gli States si trasforma in un’odissea nell’intolleranza americana. Dopo una sosta in una comunità hippy, fanno conoscenza con George, che si unisce a loro ma muore per mano di sconosciuti in un’aggressione notturna. Anche per Billy e Wyatt, sulla strada del ritorno, la morte è in attesa.
Easy Rider è un film di culto per una generazione. O almeno per una parte di questa. I film di culto non sono mai perfetti, hanno i loro bei difetti, e quello di Dennis Hopper non fa eccezione. Ma è il male minore. Racconta il viaggio di due giovani, Billy e Wyatt, che, dopo aver venduto una partita di cocaina, se ne partono con le loro moto per la volta di New Orleans. È la nascita del road movie, il genere cinematografico itinerante in cui si possono incontrare tutti gli altri generi cinematografici. Ed ecco, allora, intermezzi brillanti, incursioni di curiosi personaggi, uno spruzzo di carcerario, il dramma umano, l’indagine psicologica. E poi ci sono tutte le cifre caratteristiche del decennio: Easy Rider è uno dei primi (se non il primo) film che racconta l’universo hippy e si portavoce del fortunato (e pericoloso) trinomio sesso-droga-rock ‘n roll. Infatti, c’è la musica più importante (oggi diremmo più evocativa) degli ultimi anni, da Jimi Hendrix a Bob Dylan, passando per The Byrds e The Band; i protagonisti si ritrovano tranquillamente a fumare marijuana o a farsi di qualche droga come protesta alla società benpensante e per scoprire nuovi territori. Molto probabilmente (anzi, sicuramente) il prefinale con i due protagonisti in preda ai fumi della droga è puramente autentico, e il delirio di Peter Fonda è quanto di più vero potesse riprendere una macchina da presa. Complice anche il copione, che in realtà forse neanche c’era, essendo il film tutto basato sulla naturalezza. È un film dell’anima, la libertà ne è l’inno comune e disperato ed è un pugno di schiettezza ed originalità. Ed è anche uno dei più importanti film sull’amicizia, sia dietro il set che in scena, con il memorabile intervento del sorprendente Jack Nicholson. Con alcuni momenti lenti, ed molti altri di una rapidità fluida ed irruenta, si avvale di un montaggio nervosissimo e moderno, che raggiunge il suo picco con la sequenza degli effetti della droga (al cimitero, le immagini della Madonna, i nudi femminili, i barcollamenti, le luci). Metafora della situazione storica americana, il finale con l’uccisione balorda dei due compagni è quanto di più disperato e crudele si potesse pretendere.