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5 Festival Internazionale del Documentario, Visioni del Mondo: Pratomagno di Gianfranco Bonadies e Paolo Martino

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A Pratomagno, nel cuore della Toscana, sulle cime di splendide montagne e verdi pascoli, vive Alberto, quattro anni, con la sua famiglia di fattori. Tra mucche, capre, passeggiate e giochi sull’erba e in riva al fiume, il tempo è scandito al ritmo dei ricordi di momenti condivisi con Sulayman, un ragazzo arrivato dal Gambia dopo un lungo viaggio. Nasce un’amicizia speciale, un tempo prezioso di ricordi solari, un legame nato tra due persone diverse e lontane per cultura ma affini nell’anima. Sarà però soltanto per un tempo breve; il destino pone le loro vite di fronte a un nuovo doppio viaggio: quello di Sulayman prenderà un triste corso, mentre Alberto, tornando alla sua terra dopo tanti anni, non troverà altro che rovine, sprofondando in dolorosi ricordi.

Presentato in anteprima al 5 Festival Internazionale del Documentario, Visioni del Mondo, Immagini dalla Realtà, Pratomagno di Gianfranco Bonadies e Paolo Martino si potrebbe definire un Docu-Film. È la Terra il filo conduttore e tema centrale della storia, una Terra che profuma di vento, di erba, di latte fresco di mucca, che possiede gli uomini e gli regala il senso di appartenenza e di casa a cui tornare per riappropriarsi delle radici e della memoria. Una Terra amata e desiderata da chi compie un lungo e faticoso viaggio per raggiungerla, attraversando un ostile Mare di sofferte possibilità, quello stesso Mare che con cattiveria si riprenderà brutalmente quel tempo e quell’opportunità.

C’è sicuramente il dramma delle migrazioni in Pratomagno e della fine del sogno in acque oscure, in cui si inabissa la luce dell’orologio di Sulayman, ma c’è anche l’amicizia e la famiglia e la forza dei legami, il valore del ricordo e del Tempo, la tristezza di un’infanzia perduta che riecheggia in nostalgiche filastrocche; e c’è, poi, la Natura ,da un lato generosa, che dona vita, armonia, passeggiate tra i fiori, latte da bere e capre da accudire, risate tra amici e balli alla luce di caldi falò; e, dall’altro, la Natura ostile e arrabbiata, che tutto invade con le sue piogge torrenziali e che piega le zampe inermi di un toro (innegabile simbolo di fertilità) che non ha più la forza di combattere e di stare in piedi. Non è più una Natura altruista e benevola quella di Pratomagno bensì un’ondata di tristezza e grigiore che tutto copre: verde, sole, fattoria, memoria.

Alberto ritorna alla sua Terra, non più umano ma disegno di finzione (e osserva inerme il toro che si inabissa nell’acqua, insieme alle case, ai pascoli, a Sulayman e ai ricordi di un tempo felice).

“Eravamo stanchi di farvi riflettere – ha detto l’autore Paolo Martini – Volevamo farvi annegare, con le vostre cose e i vostri sogni, per poi riemergere puri, senza età senza appartenenza, senza colore della pelle”.

C’è riuscito Pratomagno, immergendoci prima in un Universo campestre e facendoci assaporare i rumori e gli odori della campagna, vestendoci di realtà, lasciandoci poi osservare da soli un mondo di carta, pensando, su un treno alla deriva, ad un passato che sta pian piano sparendo.

Sandra Orlando

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