Human Nature di Adam Bolt ha aperto ufficialmente ieri sera a Milano, nella sede del Teatro Litta, il 5° Festival Internazionale del Documentario Visioni dal Mondo. Il film dischiude una finestra sulla rivoluzionaria scoperta del Crispr, un enzima che permette la correzione mirata di una sequenza del Dna umano, permettendo nuove terapie geniche per malattie fino a questo momento incurabili.
Bolt – cosceneggiatore del documentario Inside Job, vincitore di un premio Oscar nel 2011 come miglior documentario – oltre a scrivere e produrre per la prima volta si mette dietro la macchina da presa con un piglio didattico e filosofico raccontando non solo la scoperta, attraverso interviste ad autorevoli scienziati americani, ma anche ponendosi delle domande etiche su ciò che questa procedimento significa per l’evoluzione scientifica umana. Ecco che allora, da un lato, i diversi scienziati e medici raccontano con linguaggio semplice come possa avvenire l’editing genetico che permette la sostituzione di geni malati; dall’altro, il film affronta anche i pericoli di un incontrollato abuso che minaccerebbe scenari di modificazione dell’uomo fin dalla nascita: intervenendo sulle cellule germinali si potrebbe decidere fin dal concepimento come potrebbe essere il proprio figlio, non solo immune da qualsiasi malattia, ma anche la sua composizione fisica. La comunità scientifica, in assenza di chiare legislazioni e di un disinteresse della politica, si è autoregolamentata con una moratoria mondiale per proibire l’utilizzo di questa tecnica genetica sulle cellule germinali e invece studiare e trovare cure per tutte quelle malattie genetiche invalidanti e mortali.
Bolt raccoglie molto materiale e costruisce Human Nature con un taglio molto didascalico. Così alla linea narrativa principale, costituita dalle interviste ai vari scienziati e medici in un montaggio alternato, aggiunge sequenze di sottotrame a corollario delle spiegazioni. Abbiamo scene su un adolescente di colore malato di Talassemia (l’anemia falciforme che modifica la conformazione dei globuli rossi impedendo il corretto apporto dell’ossigeno agli organi) che spiega in modo accurato e semplice cosa sia questa malattia; la vicenda di una ragazzina albina affetta da gravi problemi alla vista, che non le impediscono di svolgere una vita normale, e la testimonianza dei propri genitori; l’amministratore di un’azienda che fornisce la mappatura genetica e l’eventuale possibilità di intervento per probabili malattie genetiche future (tipo colesterolo, cancro, problemi cardiaci, ecc.); sequenze animate in computer grafica che mostrano sia il funzionamento e la composizione del Dna sia il comportamento di un virus che attacca una cellula; il primo esperimento francese di terapia genica che fallisce quando ancora non si utilizzava il Crispr, provocando rischi di effetti collaterali mortali.
Human Nature – che ha aperto il concorso internazionale del Festival – ha il grande merito della semplicità della spiegazione nella tradizione del documentario scientifico, ma il suo estremo voler essere didattico a ogni costo in qualche modo limita il suo sviluppo artistico. Funziona più come documento di informazione che narrazione pura, a volte sacrificata, e gli innesti delle sottotrame, di cui abbiamo accennato, servono proprio per attenuare la vocazione prioritaria. Al netto di questo, se lo vediamo come un progetto divulgativo, Human Nature ne esce vincente e può essere un buon punto di partenza per aprire dibattiti e porre domande, dubbi e speranze allo spettatore attento e curioso che voglia un’informazione corretta e critica.