Il primo biopic su Lucio Fulci sbarca al Lido con tanto di accompagnamento zombesco in sala ideato da Michele Romagnoli – definito dallo stesso Fulci come suo «biografo ufficiale», autore di L’occhio del testimone. Il cinema di Lucio Fulci (ed. Kappalab). Un’attesa bruciante per i fan del compianto poeta del macabro. Simone Scafidi, regista e sceneggiatore, con Fulci for Fake (titolo dal sapore wellesiano) scava minuziosamente negli aspetti privati per approfondire verità inedite e preziose della famiglia Fulci. Attraverso il volto e le domande dell’attore Nicola Nocella, il regista raccoglie gli aneddoti, i sorrisi, le lacrime di Sergio Salvati, Paolo Malco, Enrico Vanzina, Michele Soavi, Fabio Frizzi, Michele Romagnoli. Le presenze più attese, però, sono quelle delle figlie di Fulci, Camilla e Antonella, speculari tra loro, ma entrambe affini alla figura paterna.
A Camilla, purtroppo scomparsa pochi mesi fa, viene affidato il dialogo più corposo, in cui spazia dall’infanzia agli ultimi giorni di vita del padre, passando per difficoltà strazianti (il suicidio della madre; la caduta da cavallo che le fratturò la spina dorsale) e risate nostalgiche (il momento in cui Lucio comprò una Vespa; Camilla ricorda di essere uscita una sera con l’attore Keith Van Hoven, durante le riprese di La casa nel tempo, e il padre acconsentì in maniera goliardica; per Le porte del silenzio si era incaponita lei stessa sulla scelta di John Savage scartando la possibilità di avere Gene Hackman come protagonista…). Antonella, invece, compare verso la fine, concreta e risoluta, sigaretta tra le dita e sguardo da leonessa, capace di cogliere la vera natura del genitore in poche, precise battute, tanto che Nocella, durante l’incontro col pubblico, ha definito il suo intervento come «una lama che taglia il burro caldo».
Scafidi, fin da adolescente amante del cinema fulciano, è riuscito a dar forte respiro a un prodotto intimistico senza però abusare gratuitamente degli stilemi classici del documentario. Quello che gli interessa cogliere non è la pura agiografia o la celebrazione del personaggio (i memorabilia sono ben calibrati), ma l’essenza umana di Fulci attraverso l’uso delle emozioni. Come dice Camilla a un certo punto: «Quando ho saputo dal mio compagno che papà era morto, mi sono sentita improvvisamente sola». Oggi, però, una parte di spettatori lo è meno grazie a questo titolo.