Presentato in concorso a Venezia, di seguito la recensione de Il sindaco del rione Sanità di Mario Martone.
Di cosa parla Il sindaco del rione Sanità
È la natura umana, bellezza. Il rione Sanità a Napoli ha un suo “sindaco”: è don Antonio Barracano, boss dal passato criminale che proprio per i suoi trascorsi, o attraverso di essi, ha capito che la violenza porta ad altra violenza in una spirale di guerra senza fine. Proprio per questo ora usa il “pugno di ferro in guanto di velluto”, tentando di imporre la propria volontà ma con ingegno, mettendo pace nei piccoli dissidi come nei grandi, ma sempre usando la logica, il buonsenso, le parole. Contrastato, concettualmente, dal suo medico personale (nel testo originale, Fabio Della Ragione, nomen omen), convinto che l’umanità sia rozza e primitiva e che sia irrecuperabile.
Dal teatro allo schermo
Parte dal testo di Eduardo Mario Martone, cortocircuitando la sua stessa filmografia: che è sempre nata nell’alveo della cultura napoletana, negli anfratti colorati e violenti di una delle città più belle del mondo, e che ha fatto da spola tra passato (il Risorgimento, Leopardi) e presente, tra l’essenzialità del teatro e la caricatura del cinema. E che oggi si declina frullando insieme tutte le sue suggestioni, aggiornando un classico del teatro del Novecento come De Filippo, mostrandone il coraggio, l’avanguardia e la modernità, mentre assimila le sue ossessioni a quelle del drammaturgo.
Il racconto di Martone
Il Sindaco Del Rione Sanità, presentato a Venezia 76 in Concorso, ha il nerbo di Eduardo e la dolcezza poetica di Martone, le ombre del regista di Capri Revolution e i sorrisi larghi di uno dei più grandi artisti italiani, arrivando persino all'”eresia” (apparente, ma è una scommessa vinta) di stendere un velo sul finale del dramma eduardiano, cambiandolo sottopelle. E mette in scena il conflitto tra lo scorpione e la rana, tra chi è convinto che l’uomo possa evolversi e chi invece crede che la sua natura brutale verrà sempre a galla: “è il paradigma umano l’oggetto di studio di Mario Martone” dicevamo per Capri Revolution e lo ripetiamo per Il Sindaco Del Rione Sanità.
Il sindaco del rione Sanità secondo Mario Martone
L’abilità di Martone è da sempre quella di rileggere i testi altrui, dalla Ferrante a Parise, da Leopardi fino a De Filippo, e trasportarli in un processo evolutivo che mette alla prova idee e ideali contro l’erosione del tempo e della morale. Ma questo Sindaco dà anche al regista l’opportunità di confrontarsi con la “sua” Napoli all’ombra di un metaforico Vesuvio (come spesso nelle sue opere, simbolo di precarietà e immanenza, mistero e natura), per ritrarla dopo l’inflazionamento – d’immagine soprattutto – prodotto da Gomorra film e libro; ma poi non cortocircuita solo il testo eduardiano, bensì anche la sua grammatica cinematografica. L’impianto teatrale è ben visibile (e d’altronde il regista aveva già curato un adattamento a teatro), ma la sintassi viene impercettibilmente stravolta con movimenti di macchina che a tratti si fanno frenetici, dando la giusta attenzione ad ogni personaggio. Che è curato in maniera calligrafia soprattutto dagli interpreti: attori di prim’ordine che scivolano e svincolano i confini tra recitazione da palcoscenico e da schermo trascinando e tracimando con una recitazione eccellente. Su tutti, ovviamente, svetta Francesco Di Leva: servito benissimo da tutti gli altri, svolge pian piano la trama in un crescendo emotivo che affascina lo spettatore fino in fondo, dove Martone con un abile dissolvenza in nero increspa il finale originale e interroga chi guarda sul senso. Che rivela la natura dello scorpione. Che è la nostra.