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Cisterna Film Festival: Fauve di Jérémy Comte

Un cortometraggio, Fauve (2018) di Jérémy Comte dal sapore dolceamaro, in cui lo svago dei due piccoli protagonisti evolve ben presto in una situazione drammatica che non lascia scampo

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Due bambini, il loro gioco e la natura che fa da sfondo. Un cortometraggio, Fauve (2018) di Jérémy Comte dal sapore dolceamaro, in cui lo svago dei due piccoli protagonisti evolve ben presto in una situazione drammatica che non lascia scampo. Il corto apre sull’interno di una vecchia carrozza: è qui, fra vecchi rottami e una natura incontaminata, che si svolge parte della giornata di Félix Grenier e Alexandre Perreault. I due si avventurano in giochi pericolosi fra sorrisi e bugie, cercando di raggiungere il punteggio più alto in una gara in cui mentire fa parte del gioco, perché si può conquistare un punto importante. All’improvviso compare una volpe alle spalle di uno dei due, ma non c’è niente da fare, bisogna mantenere la prima posizione e credere al proprio amico potrebbe fare brutti scherzi. La volpe c’è, ma è fondamentale non perdere nessun punto, ed è proprio sul piano psicologico che il corto sposta l’attenzione nel finale. Un crescendo drammatico, quando i due scappano in una miniera a cielo aperto e uno di loro resta intrappolato facendo presagire il peggio.

Chiedere aiuto al proprio amico, fa parte ancora di uno stupido gioco, ma il dramma è in atto. Tyler, che per fortuna è riuscito a tirarsi fuori da quel fango, scappa chiedendo disperatamente aiuto. Al suo ritorno è troppo tardi, la natura selvaggia ha fatto il suo corso e la terra in un primo piano preannuncia la morte dell’amico. Tyler raggiunge la strada e traumatizzato per la perdita e per non averlo aiutato quando chiedeva aiuto, viene accompagnato in città da una donna che lo sottopone a mille domande che non hanno risposta. Lui resta zitto fino a quando la macchina inchioda sul colpo perché qualcosa ha tagliato la strada. Ecco che in lontananza si scorge la volpe, che riaccende il ricordo dell’amico che chiedeva a Tyler di girarsi, ma lui, per gioco, non ha dato ascolto, così come è accaduto nella cava. In seconda lettura è forte il tema dell’animalità umana, tema che troviamo anche in Accattone (1961) di Pier Paolo Pasolini, quando il protagonista si azzuffa per terra come se fosse un tutt’uno con la natura, la stessa che fa da sfondo a questo corto dai colori freddi, antagonista cinica e spietata.

Anthony De Rosa

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