L’importanza della parola è data dal suo essere una struttura peculiare dell’essere umano. Lo diceva già Aristotele quando argomentava che la parola serve ad indicare l’utile e il giusto. La parola crea convivenza. Il parlare, l’azione comunicativa, è partecipazione e scambio. La parola è un mezzo, così come un mezzo è una radiocronaca. Serve a mostrare, o meglio a far udire, ciò che altri non possono vedere. Da qui il paradosso raccontato in Boca de Fogo, il cortometraggio di Luciano Pérez Fernández. Nell’arco di otto minuti ci viene raccontato lo svolgersi di una partita di calcio nella città brasiliana di Salgueiro. C’è un caldo intollerabile al Carcarà Arena, quasi come se ci fosse “un sole per ogni persona”, un caldo che è una vera e propria “punizione per i tifosi pigri”. Nonostante le alte temperature, le persone si mettono in coda per ritirare il biglietto e si sistemano sugli spalti o attorno alla rete che separa il campo da calcio.
Ci si arrangia come si può per difendersi dal caldo. C’è chi si è portato da casa un ombrello e chi un semplice pezzo di cartone. Pare siano tutti sintonizzati sulla frequenza di 97.1; non soltanto coloro che non posso assistere all’incontro ma anche quelli che la partita la possono vedere. Sarà perché ai microfoni assieme a Claudinei Santos c’è Didi Souza, detto Bocca di fuoco. Vi è da commentare un incontro tesissimo, giacché la zona retrocessione è vicina e ogni minimo sbaglio lo si potrebbe pagare caramente. “Non è più tempo per gli sciocchi nel calcio brasiliano”. Il bel bianco e nero fotografato da Anderson Capuano ci mostra l’attesa e poi lo svolgersi dell’incontro. Assieme alla regia di Luciano Pérez Fernández che si concentra sui particolari, sui dettagli. Senza quasi mai allargare l’immagine e negandoci la visione della partita, come in Offside di Jafar Panahi. Il senso di questa scelta, di questa negazione si capirà nel finale ma già nel suo svolgersi è chiaro che l’intento del cortometraggio è quello di enfatizzare il commento della partita. Claudinei Santos commenta, coadiuvato da Bocca di fuoco, persona le cui parole possono avere persino un impatto sulla tifoseria. Lo spettatore ascolta quindi. Sente più di quello che gli viene mostrato. Ci saranno falli che non vedremo, punizioni che non vedremo, gol che non vedremo, azioni disperate che non vedremo. Una scelta di isolamento dell’immagine che si accompagna al medesimo straniamento dato da un pubblico ripreso in un anonimato di volti, braccia e mani (mani che appaiono impazienti nel pertugio della biglietteria, mani che appaiono aggrappate sulla rete metallica, mani giovani e meno giovani). Tutto questo, come detto, va a sottolineare il ruolo preponderante della radiocronaca.
La radio è il medium cardine sia per lo spettatore sia per i tifosi stessi. Come se dalle voci nella radiocronaca si potesse avere un resoconto più chiarificatore della visione della partita stessa. Con pochi minuti a disposizione il regista riesce a riassumere in maniera convincente il tempo di una partita di calcio. Riesce a comunicarci l’insofferenza del caldo e la devozione dei tifosi. Le loro gioie e le loro insofferenze. Il tutto muovendosi per sottrazione. Il cortometraggio di Luciano Pérez Fernández, Boca de Fogo, è in definitiva la cronaca di una assenza ed è soprattutto un omaggio alla parola, alla voce. Un omaggio al potere della narrazione e perciò del narratore, Didi Souza, detto Bocca di fuoco, del quale alla fine ne conosceremo la particolarità.
Nelson Pinna