Gangs of New York, un film del 2002 diretto da Martin Scorsese. Ispirato a The Gangs of New York: An Informal History of the Underworld, un trattato del 1928 sulle varie gang armate che popolavano il quartiere newyorkese dei Five Points nell’XIX secolo, il film è scritto da Jay Cocks, Kenneth Lonergan e Steven Zaillian. Frutto di un’idea di Scorsese e Cocks dei primi anni settanta, il progetto è rimasto in development hell per decenni, concretizzandosi solo nel 1999, grazie all’incontro con il produttore Harvey Weinstein. Girato interamente negli studi di Cinecittà, a Roma, dove è stato allestito un gigantesco set che ricostruiva la New York dell’epoca, il film ha avuto una produzione travagliata per via della sua mole e delle divergenze creative tra Scorsese e Weinstein. Ciò ha allungato di anni la realizzazione del progetto e fatto sforare il budget prestabilito, portandolo ad oltre 100 milioni, allora il più alto di sempre per un film di Scorsese. Il progetto ha subito un’altra battuta di arresto durante la post-produzione, prima per via degli attentati dell’11 settembre 2001 e poi in fase di montaggio, venendo infine distribuito il 20 Dicembre 2002, dopo tre anni di lavoro. È stato anche un discreto successo di pubblico, incassando oltre 190 milioni di dollari in tutto il mondo. Tra i vari premi a cui è stato candidato figurano 10 nomination agli Oscar (tra cui miglior film, miglior regia e miglior attore a Day-Lewis), senza tuttavia alcuna vittoria. Con Leonardo DiCaprio, Daniel Day-Lewis, Cameron Diaz, Jim Broadbent, John C. Reilly.
Sinossi
New York, seconda metà del XIX secolo: americani e immigrati irlandesi si combattono per spartirsi il territorio e la gestione degli affari illeciti. In particolare la sfida è tra i “Conigli Morti”, guidati dal giovane Amsterdam Vallon, e i “Nativi”, capitanati dallo spietato Bill Poole detto “il Macellaio”. Lo scontro si fa sempre più feroce, perché Amsterdam è spinto dal desiderio di vendicare la morte del padre, assassinato da Poole tempo addietro. A sua volta, Poole vuole uccidere il giovane Vallon per affermare definitivamente il suo predominio sulla città.
Martin Scorsese dipinge un affresco dell’America del primo Ottocento dove barbarie e crudeltà erano all’ordine del giorno; una terra di frontiera (anche se la Hollywood ufficiale l’ha spostata sempre verso l’ovest) dove i “nativi americani” – no, non certo gli indiani d’America – tentavano in tutti i modi di respingere gli immigrati irlandesi per mantenere una presunta purezza, un discorso che nell’arco di duecento anni, “mutatis mundis”, è rimasto inalterato. Mentre l’Europa era nel pieno del Rinascimento e coltivava l’arte, la barbarie umana trovava sfogo nella terra dei sogni. Dopo un’apertura shock, in cui le gang si scontrano e si massacrano senza esclusione di colpi, rincontriamo il giovane “Amsterdam” (Leonardo di Caprio) sedici anni dopo in cerca di vendetta; suo padre il reverendo Vallon è stato ucciso durante gli scontri da Bill il Macellaio (Daniel Day Lewis). Reinseritosi nella comunità di Five Points, dove la legge ufficiale è solo un’utopia e l’unica che conta è quella del più forte, Amsterdam inizia una lenta, ma inarrestabile scalata al potere diventando il braccio destro di Bill con il preciso intento di ucciderlo proprio durante la celebrazione della vittoria ai danni di suo padre. Ma se Bill a quarantasette anni è ancora vivo ci sarà pure un motivo. Il carisma di Daniel Day Lewis è inarrivabile il suo personaggio spicca sopra gli altri mettendo parzialmente in ombra un pur bravo Di Caprio ed eclissando Cameron Diaz. La trama è costantemente a cavallo tra la tragedia shakespeariana e l’avventura del Conte di Montecristo anche se il tutto viene presentato sfruttando una comunicazione fatta d’immagini, adattata ad un pubblico che esige sempre più spettacolarizzazione. Scorsese però non cerca l’indulgenza della censura: qui non ci sono scene in cui la violenza asettica viene utilizzata con la consueta ipocrisia, quei pestaggi senza fine dove non esce mai sangue e se esce è sempre di quel tranquillizzante colore nerastro; qui c’è il rosso carminio che macchia la neve e che ricopre i corpi dei contendenti, qui c’è quella violenza che è come un pugno allo stomaco che lascia storditi. Qui si pensa e si usa la cinepresa per trasmettere un messaggio forte.