Alla quinta edizione del Cisterna Film Festival, il cortometraggio Laissez-moi danser vince il premio per la migliore interpretazione di Camille Le Gall. Lei e la giovane regista Valérie Leroy riescono, in soli diciassette minuti, a rendere con decisione e delicatezza temi importantissimi come l’identità di genere e l’omofobia, resi ancora più drammatici dalla precarietà nel lavoro, che ad ogni latitudine ormai rafforza i pregiudizi e pretende di giustificare le peggiori cattiverie.
La protagonista, Mylène, è una transessuale quarantacinquenne che gestisce le pulizie all’interno di un traghetto francese. Non si risparmia se c’è da insegnare il lavoro alle nuove arrivate, alleggerisce i compiti a chi ha mal di schiena, si interessa alla ragazza incinta, non perde di vista le esigenze di tutte le donne sotto la sua direzione. Qualcuna di loro però la colpisce vigliaccamente proprio nell’aspetto più intimo della sua personalità, e proprio mentre le altre festeggiano il suo compleanno a sorpresa, bevono e ballano liberandosi per una volta dei loro doveri.
Laissez-moi danser evoca il grande successo di Dalida del 1979; parla di libertà, ma in modo lieve, in un momento sereno della sua vita, in un’epoca allora per tutti più spensierata. Sembra impossibile che oggi ci si sia incupiti fino a questo punto. Valérie Leroy non vuole giustificare, ideologicamente, l’odierna miseria umana per ragioni economiche. Infatti, solo due anni fa nel corto Le Grand bail presentato alla quindicesima edizione di MoliseCinema (che ha vinto), trattava la disoccupazione in una maniera leggera e ironica. La trentenne Mia, ex-campionessa di nuoto divorziata da poco, si ritrova a dare lezioni agli abitanti del suo palazzo. Fin qui niente di strano, se non che le lezioni avvengono nel suo studio microscopico, in una piscina molto immaginaria (lo si trova su Youtube: dura poco più di cinque minuti). Certo in due anni la situazione sociale è peggiorata anche in Francia e il cinema ce la racconta (basti pensare ad En guerre dell’anno scorso o a Le invisibili, uscito in Italia quest’anno). Narrazioni tutte che ritraggono la crisi come sfondo, come origine delle ingiustizie, mai come causa; anzi, facendoci riflettere o per lo più arrabbiare sulle scelte di chi del disagio si fa scudo. Tutte le donne che lavorano con e per Mylène hanno un grande bisogno di quel lavoro, ma una sola arriva ad umiliarla pur di rubarle il posto.
L’ambientazione è realistica e credibile fin da subito, dalla nave illuminata nel porto buio mentre Mylène le si avvicina, ai corridoi con la fuga monotona delle cabine; persino detersivi e stracci per pulire inquadrati giusto un attimo. Perché un attimo, non di più, basta a dare senso agli oggetti. Azzeccate le immagini e le luci: fredde all’interno della nave, complici quanto basta per rischiarare un po’ il buio esterno durante la festa. Ottima l’interpretazione anche delle colleghe di Camille Le Gall che ha giustamente meritato il premio per la recitazione, sobria, drammatica, intensa. Buoni poi i tempi del racconto nel condensare in pochi minuti la tensione di una vita intera.
“Il cortometraggio è per me un genere a parte che permette tanta creatività e tanta audacia”, ha affermato Valérie Leroy in una recente intervista. Siamo curiosi di vedere il primo lungometraggio al quale sta lavorando, con un titolo, Les Empereurs, così impegnativo. Le anticipazioni dicono si tratti di una commedia. Chissà se riprende un po’ l’umorismo del suo primo lavoro, La Grand Bain e l’intensità del secondo, Laissez-moi danser? Laissez-moi danser ha vinto anche la sesta edizione del Sardinia Queer Short Film Festival del 2018.