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Film da Vedere

Enemy di Denis Villeneuve, il migliore dei film tratti da Saramago

Con Enemy, film tratto dal romanzo dello scrittore Premio Nobel José Saramago, Denis Villeneuve realizza un thriller politico-filosofico in cui confluiscono parecchi stilemi del cinema di Lynch e Cronenberg, nonché certe atmosfere hitchcockiane. Attraverso l'indagine della crisi interiore dell'uomo contemporaneo, si allude alla possibilità dell'insorgenza di una nuova soggettività

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Josè Saramago e il suo (difficile) rapporto con il cinema

Il 18 giugno del 2010 ci lasciava José Saramago, straordinario scrittore capace, attraverso l’arma dell’allegoria, di raccontare il nostro mondo come pochi altri. Abbastanza naturale che un autore dotato di uno stile così personale e mesmerico potesse riservare non poche difficoltà a chiunque decidesse di tradurre le sue opere in immagini. Motivo per il quale, fino all’uscita in sala di Enemy, le trasposizioni cinematografiche dei suoi romanzi – A Jangada de Pedra di George Sluizer, Cecità di Fernando Meirelles ed Embargo di Antònio Ferreira – non erano mai riuscite a cogliere l’essenza del Premio Nobel portoghese. Appunto, dicevamo, fino a Enemy di Denis Villeneuve, tratto da “L’uomo duplicato” di Saramago. Ma, del resto, da un regista capace di dare un seguito – e che seguito – a un film seminale come Blade Runner e di mettersi alla prova con un’opera monstre ad altissimo tasso di infilmabilità come “Dune” di Frank Herbert, non ci si poteva aspettare nulla di meno.

La recensione di Enemy

Si farebbe un torto al bel film di Denis VilleneuveEnemy (2013), se si cercasse a tutti i costi di schiacciarlo su uno scialbo psicologismo con cui tentare di darne un’opportuna ed esauriente interpretazione. Sul tema del doppio si sono già versati fiumi d’inchiostro, perciò prodursi nell’ennesima, fitta esegesi dell’infinita questione, oltre a non aggiungere alcunché di nuovo, rischierebbe di spoetizzare l’immaginario messo in scena dal regista canadese, che, in questa occasione, ha trasposto sul grande schermo, su sceneggiatura di Javier Gullón, il romanzo del Premio Nobel José SaramagoL’uomo duplicato.

Inquietudine e spaesamento

Interessante è senza dubbio la pesante atmosfera d’inquietudine e spaesamento che vive il protagonista, e lo spettatore con lui: un lento e inesorabile sprofondamento in un abisso, in una piega, in cui si prova un crescente senso di vertigine (e l’assonanza con il capolavoro di Hitchcock viene da sé). Il soggetto sdoppiato non può più essere considerato un male spaventoso, anzi, a rigore, la scissione è divenuta pressoché la caratteristica più diffusa dell’uomo contemporaneo, il quale, attraverso numerose manie ossessivo-compulsive, tenta di evitare un’esplosione che è sempre sul punto di verificarsi. Se questo è vero, allora a fornire un valore aggiunto al sesto lungometraggio del regista di Blade Runner 2049 (2017) è la metamorfosi del femminile, che costituisce un potente contrappunto all’insuperabile crisi interiore del maschio morente.

Il tema del Potere in Enemy

È il tema del Potere a insistere fuori campo, giacché il desiderio di Adam Bell (l’eccellente Jake Gyllenhaal) di dominarsi completamente (nella fattispecie, il tentativo di zittire il fantasmatico doppio Anthony St. Claire con cui si ritrova a interagire) rivela ancora una volta la tendenza a esercitare forme di controllo soffocanti – in primis verso se stessi: solo in questa prospettiva acquisisce senso il breve ma robusto prologo in cui assistiamo a una lezione del probo professore di Storia Adam Bell, mentre spiega ad alcuni giovani studenti i meccanismi che si celano dietro le dittature e, soprattutto, la frequenza ciclica con cui esse si ripresentano. Ci sono due tempi: il primo è quello della tragedia, il secondo della farsa. Cos’altro è questa scansione se non la drammatica messa a fuoco della vittoria del tragicomico nella società liquida, quella del consumo senza attriti?

Una Potenza che è schiacciante, di fronte alla quale il sesso maschile soccombe

Ecco, quindi, che il divenir-animale della donna (l’inquietante scena finale) segnala, di contro, il movimento antagonista e opposto di un soggetto che preme ancor di più per rinunciare al Potere in favore della Potenza. Una Potenza che è schiacciante, di fronte alla quale il sesso maschile soccombe, divorato dalle proprie lacerazioni interiori. Al netto della retorica dell’emancipazione tanto sventolata, il maschio negli ultimi cinquant’anni non ha fatto altro che arroccarsi per tentare di difendersi dalla Potenza del Femminile. Esattamente come mostrava Federico Fellini ne La città delle donne (1980), in cui un grottesco e patetico personaggio, il Dottor Xavier Katzone (il compianto Ettore Manni), viveva recluso in una fortezza per respingere gli assedi delle tante signore e signorine ormai da tempo evase dal tempio autoreferenziale e narcisistico in cui egli voleva impalmarle. E non scomodiamo il cinema di Marco Ferreri, continuamente pervaso dalla questione della dialettica di genere.

Lo sguardo deformante del maschio

La mutazione del corpo della donna in quello di una tarantola enorme e inquietante non deve trarre in inganno, poiché è il prodotto dello sguardo deformante del maschio, il quale non riesce a farsi una ragione della necessità di porre definitivamente le armi, nella prospettiva di dare origine, finalmente, a un’umanità nuova, in cui alla dialettica degli infiniti rapporti di forza che da sempre si sono succeduti nella storia si sostituisca un piano d’immanenza attraverso cui fare esperienza di una ‘soggettività altra’, slegata una volta per tutte dalla logica della sopraffazione (e dei suoi miserabili meccanismi).

In conclusione

Ecco, perché, come dicevamo all’inizio, lasciarsi sedurre dalla dimensione psicologista di Enemy o, peggio ancora, dalla sua natura di thriller, comporterebbe un fatale impoverimento dell’ampio respiro che lo informa, il quale, invece, va preservato per consentire che i significanti messi in circolo dalla pregnante iconografia di Denis Villeneuve non cessino di evocare suggestioni in grado di attivare riserve di senso fortunatamente ancora disponibili. Enemy è prima di tutto, ne siamo persuasi, un film politico. Un’opera eccellente, dunque, di cui vi consigliamo vivamente la visione.

  • Anno: 2013
  • Durata: 90'
  • Distribuzione: CG Entertainment
  • Genere: Thriller, Drammatico
  • Nazionalita: Canada, Spagna
  • Regia: Denis Villeneuve